D'accordo, la crisi ha sballato tutti i parametri di riferimento. D'accordo, nessuno ha la sfera di cristallo. Ma l'Unione europea che convoca l'ennesimo vertice dei primi ministri per aggiornare gli obiettivi (non raggiunti) fissati dal summit precedente è come Sapore di mare: la replica di un brutto film estivo già visto una dozzina di volte. Per noia o per stanchezza. Stavolta i capi di governo si incontreranno a Bruxelles a metà febbraio convocati dall'autorevole primo leader dell'Unione, il belga Herman van Rompuy, per organizzare un meeting che a marzo dovrà rivedere la strategia di Lisbona. Anche stavolta l'obiettivo è ambizioso: pianificare dieci anni di crescita. Ci si chiede se un'Europa così disunita e litigiosa, capace di accordi sempre al ribasso, non ultimo quello che ha portato in sella lo stesso van Rompuy e la baronessa inglese Ashton come ministro degli esteri, sia in grado di elaborare una strategia credibile. I dubbi sono forti. L'alternativa è un cambio di passo dell'Unione (e della sua governance) in cui crediamo ma che stiamo aspettando da troppo tempo.