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Addio ai consumi Tom-fordisti

di Harold James

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8 gennaio 2010

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In qualche caso l'era produzionista è chiamata anche "fordismo" – da Henry Ford, che fece produrre moltissime vetture economiche ed identiche. In modo alquanto privo di immaginazione, l'epoca del consumerismo è stata denominata "port-fordismo": in realtà con un po' più di fantasia avrebbe potuto essere chiamata " tom-fordismo",dal nome del giovane designer americano Tom Ford che ha portato all'apice l'iconico potenziale di Gucci.

Che cosa soppianterà l'era del consumerismo? La risposta più ovvia è che lo spostamento verso un'economia di servizi –già a buon punto all'inizio del nuovo millennio-arriverà a compimento. Il consumerismo dipendeva da un concetto radicale di individualismo: siamo diventati indebitati per consumare di più, perché eravamo convinti che lo schema dei nostri consumi dovesse essere più importante di quello altrui. Se qualcuno vedeva un bel gioiello in vetrina o una nuova automobile si convinceva che dovessero appartenergli e che nelle sue mani sarebbero stati usati meglio o più utilmente che in mani altrui. In questo modo l'avidità ha alimentato l'orgoglio e una sorta di autogratificazione.

Gli studi empirici sulla felicità hanno evidenziato che la soddisfazione che nasce dall'acquistare nuovi oggetti è di breve durata e si autoalimenta con la reiterazione. Tutto ciò, naturalmente, è uno spreco, dal punto di vista morale, sociale e ambientale. D'altro canto, è pur vero che il consumo di esperienze (e non di oggetti) produce una soddisfazione più duratura. La nuova economia dei servizi mette in luce un'interazione umana più che consumi individuali. Nella loro forma estrema, gli alberghi di lusso stanno oggi organizzando servizi in progetti comunitari locali, riformulando così le passioni dei loro ricchi proprietari. Se servirà a mettere in luce che gli esseri umani non sono entità isolate tra loro, ma la cui esistenza dipende dall' interazione, questa economia dei servizi potrebbe generare più alti livelli di benessere per tutti.

© Project Syndicate 1995–2009
(Traduzione di Anna Bissanti) di Harold James

8 gennaio 2010
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