Riguardo all'ennesimo dispaccio di quello che purtroppo è diventato un serial noto alle cronache come "Tav Torino-Lione", avremmo voluto per una volta essere semplicemente a fly on the wall, una mosca sul muro, come dicono i maestri del documentario. Invisibili. Senza voce. Solo occhi. Avremmo voluto, ieri, metterci al fianco di Mario Virano, l'eroico presidente dell'Osservatorio che da tre anni deve mettere d'accordo diavolo e acquasanta - manifestanti e regione, sindaci Pd e governo, presidenti di comunità montane e tecnici di comunità montane - e capire l'effetto che fa gestire la 116ª seduta (sì: 116). Vederlo discutere dei 91 sondaggi (sì: 91) geognostici prima del via ai lavori. Osservarlo mentre conta i giorni che restano prima che Bruxelles revochi i finanziamenti. Insomma studiarlo prima di quel momento in cui, esausto, ha esclamato: «Ora basta, domani a Roma darò le dimissioni». E poi voltarci a guardare gli altri, tutti gli altri. Comparse di un balletto che non merita parole. Ognuna in più sarebbe sprecata.