Nella fuga dal lavoro innescata dalla grande crisi, Europa e Stati Uniti sembrano appaiati su un filo di lana color nero. Almeno a guardare i numeri del tasso di disoccupazione, fermatosi su entrambe le sponde dell'Atlantico sul valore di 10 per cento. Per l'area euro è la peggiore performance dall'agosto del 1998 (l'Italia si ferma all'8,3%). Per gli Usa il dato dice qualcosa di più. Perché in valori assoluti a perdere il lavoro negli ultimi 12 mesi è stato un esercito di 4,2 milioni di persone. Ma soprattutto perché, nella sua rotondità, questo 10% aleggia su un ciclo economico vissuto per anni su tassi di disoccupazione minimi. Anni in cui la crescita del Pil, sostenuta soprattutto dagli alti consumi americani, ha soffiato vento sulla vela della domanda di beni e lavoro. Anni finiti in una bolla finanziaria da cui il mondo prova a uscire. E ora? Sappiamo che l'occupazione ha una vischiosità maggiore rispetto alla crescita, riprende a salire più lentamente rispetto al ciclo dei beni. È in questo tempo grigio che precede il riavvio che Ue e Usa non sono più appaiati. A fare la differenza è il sistema di welfare nel suo complesso. Su questo l'Europa è qualche passo avanti. In attesa delle riforme di Obama.