Ogni anno in Cina, nonostante la severa politica di limitazione delle nascite (e lo stesso si può dire per l'India), il numero dei neonati è pari circa a un terzo dei cittadini italiani: un indicatore sulla "dimensione" del nostro paese. Nel mondo globalizzato competere con successo con poche risorse umane e finanziarie è arduo e scommettere sul contributo del singolo genio, italico o meno, poco saggio. Unica opzione credibile è un'attenta scelta dei settori su cui puntare, sui quali mettere in gioco il proprio sviluppo e raccogliere la sfida globale all'innovazione. A questo scopo l'Italia si dota di un programma nazionale della ricerca (Pnr), uno «strumento predisposto dal governo per indirizzare nel paese lo sviluppo coordinato delle attività di ricerca».
Queste semplici, forse ovvie, considerazioni portano presto a scelte difficili, scelte che si scontrano con le aspettative delle realtà esistenti, dei gruppi di ricerca anche produttivi, delle realtà industriali anche di grande tradizione. Il Pnr 2010-2012 risente di queste difficoltà, pur offrendo interessanti spunti di innovazione sulla governance della ricerca. Premetto che condivido pienamente l'obiettivo di sostenere «la creatività e l'eccellenza in tutti i campi del sapere»: questo investimento di lungo periodo è vitale per ogni paese e per lo sviluppo culturale ed economico. Urgono però in Italia procedure efficaci per il riconoscimento di queste eccellenze, risorse chiare per il loro effettivo sostegno e un maggiore coinvolgimento del privato. Ma le scelte strategiche restano ineludibili.
Ieri il Sole ha enfatizzato il "ritardo finanziario" delle spese di ricerca e sviluppo del nostro paese, sia del settore pubblico, sia di quello privato. Sul tema tutto è già stato detto e mi limito quindi a constatare che non è davvero questo il triennio in cui chiedere il pieno raggiungimento degli obiettivi di Lisbona. Proprio questa considerazione rafforza l'importanza delle scelte che invece possiamo richiedere dal Pnr. La buona ricerca innanzitutto, e la ricerca strategica. Qui il complesso insieme di documenti che forma la bozza del Pnr mostra delle debolezze.
Moltissima attenzione è stata giustamente dedicata alla governance, ma si deve registrare che gli articolati interventi proposti servono soprattutto a correggere le complessità introdotte dal legislatore e dai diversi esecutivi in questi anni: livelli geografici diversi (stato, regione, provincia, distretto, polo), diversi formati (First, Pon, Por, Firb, Prin...), diversi enti (ministeri, atenei, enti di ricerca) costituiscono una geometria molto frastagliata e scarsamente coordinata che non ottimizza l'utilizzo delle risorse disponibili ed è poco facilmente accessibile sia ai singoli ricercatori, sia alle imprese (in particolare le Pmi). Speriamo che lo sforzo di semplificare, coordinare, evitare le duplicazioni che ispira il documento possa avere successo.
L'approccio distaccato, l'attento confronto con le esperienze straniere che ha portato alle proposte di riforma e di creazione di nuovi strumenti di coordinamento, non si trova purtroppo pienamente nelle analisi tecnico-scientifiche. Sono anche troppo chiare le affinità con le strategie dell'ultimo documento disponibile (2005-2007), e troppo si avverte la preoccupazione di preservare le realtà esistenti, dove invece erano attese dettagliate direzioni strategiche di sviluppo, essendo tanto cambiato il quadro di riferimento. Nei diversi documenti tecnici, alle puntuali analisi delle competenze disponibili sul territorio nazionale non seguono quelle scelte, anche dolorose, sulle linee dove concentrare gli sforzi, dove lanciare la nostra sfida globale come sistema-paese.
Un dato temporale. Questo Pnr (2010-2012) segue quello relativo al triennio 2005-2007: in mezzo c'è un vuoto, fattore negativo che andrebbe evitato per il futuro. Un'opzione per il ministro potrebbe essere lo scorrimento annuale del triennio di riferimento con l'elaborazione già nel corso del prossimo anno del documento Pnr 2011-2013. Il paese ha fame di innovazione e il Pnr 2010-2012 deve rappresentarne la visione strategica. Sia il mondo della ricerca, sia il mondo della produzione - che il Pnr vuole giustamente più vicini - devono sapersi dinamicamente adattare, anzi, devono saper prevedere l'evoluzione di un mondo che cambia; non solo per crescere, ma per sopravvivere. Ancora più compiutamente nei Pnr dovranno coesistere il solido sostegno alla creatività e all'eccellenza in tutti i campi del sapere e la puntuale indicazione delle linee di sviluppo strategico.