La storia d'Italia vede Francia e Spagna contendersi i mille campanili, con alterni successi. Nell'economia, almeno negli ultimi 15 anni, sono stati i francesi a sfondare le linee. Nella finanza con Bnp Paribas che ha ottenuto il controllo della Bnl, con gli azionisti rappresentati dal finanziere Vincent Bolloré in Mediobanca, con la presidenza Generali affidata ad Antoine Bernheim. Ma anche nell'energia con Edf, l'Enel d'Oltralpe, che è il socio di maggior peso della Edison, e nei servizi, con Suez e Veolia.
Al contrario la Spagna avrebbe potuto avere un ruolo chiave in Italia se il Banco di Santander di Emilio Botin fosse riuscito a rinsaldare i legami con l'Istituto Sanpaolo di Torino. Non è andata così, perché ha prevalso l'accordo con la Banca Intesa di Giovanni Bazoli. E successivamente il crollo dell'economia spagnola ha fatto il resto. Tanto che le parti si sono invertite. Prima l'Enel ha costruito un grande polo europeo dell'energia diventando azionista di comando della concorrente Endesa. Poche settimane fa Mediaset del gruppo Berlusconi ha chiuso in bellezza l'acquisto dell'emittente televisiva La Cuatro e della pay-tv Digital+ portando alla nascita della prima televisione commerciale del paese, costruita intorno a Super Cinco, com'è stata battezzata la nuova entità.
Ci sono, almeno sulla carta, le condizioni per una contropartita di peso. Almeno due fronti vanno tenuti d'occhio: le autostrade e Telefonica-Telecom. La grande alleanza nelle autostrade, bloccata qualche tempo fa, rispunta come un fenomeno carsico. Certo Abertis è cresciuta molto, complicando ancora di più il puzzle per la nascita di un polo europeo. In compenso la recente scomparsa dell'imprenditore piemontese Marcellino Gavio, al cui gruppo fa capo il secondo raggruppamento autostradale in Italia, apre nuove opportunità.
Nelle tlc, invece, l'interesse di Telefonica verso il controllo di Telecom risulta evidente. Il dossier all'ordine del giorno è quello sulla fusione tra le due società: una via di uscita che farebbe contenti almeno parte dei soci italiani di Telco, cassaforte del controllo di Telecom, alla ricerca del modo per uscire di scena minimizzando i danni perché l'investimento fatto è notevolmente superiore alla quotazione attuale del titolo. Un valore, quello delle azioni Telecom, che difficilmente potrà tornare ai livelli del passato, anche perché la società non distribuirà più i dividendi elevati delle gestioni Colaninno e Tronchetti Provera, resi possibili dai risparmi fiscali eredità dell'operazione Olivetti.
La spallata di Telefonica, che richiederebbe comunque un progetto industriale quantomeno condiviso, trova due ostacoli. Prima di tutto sarebbe evidente, forse troppo, lo scambio tra il rafforzamento di Mediaset in Spagna e il via libera agli spagnoli in Telecom. Inoltre alla stessa Telecom fa capo l'unica rete globale delle tlc sul mercato italiano (perché per la concorrenza è più conveniente affittarla che investire in network alternativi) e difficilmente il governo potrebbe dare via libera senza una mossa preliminare: lo scorporo della rete. Di sicuro gli spagnoli non hanno interesse a forzare i tempi valorizzando i titoli Telecom oltre il doppio del loro valore di Borsa. Molto meglio aspettare, senza fretta, il momento buono per chiudere in bellezza la campagna d'Italia secondo valori per loro più convenienti. Decisive saranno le condizioni a cui Telecom arriverà all'appuntamento. A partire dallo stato di salute della parte più appetibile: la telefonia mobile.
fabio.tamburini@ilsole24ore.com