Un portafortuna per il premier Silvio Berlusconi, un «partigiano e gentleman» per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, «il miglior compagno di giochi» per l'amico Fiorello. Per tutti - come ricorda Walter Vetroni- semplicemente «la televisione». La morte di Mike Bongiorno frena per un giorno le tensioni d'autunno: tutti scelgono parole d'affetto per salutare l'uomo che, come scrisse Umberto Eco nel suo Diario Minimo (Bompiani 1992), rappresentò «un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello». Oggi per Mike non esistono livelli o gerarchie, fazioni o rivalità: da destra a sinistra, dal mondo del calcio a quello dei media, tutti lo omaggiano.
«Quando venne con noi - ha detto Silvio Berlusconi - si rivelò il collaboratore più prezioso e anche un campione di ascolti. Avendo lui al mio fianco, ebbi anche un aumento della certezza di un possibile successo». Il premier ha ricordato che il suo grande sogno era diventare senatore. Berlusconi ci provò a farlo entrare in Senato ma senza riuscirci. E Bongiorno raccontò a Gerry Scotti, il suo allievo, «la sua amarezza per non essere riuscito a diventare senatore a vita». «Aveva perso le speranze, ha detto Scotti, ma ora pensiamoci bene: non aveva bisogno di diventare senatore!».
Se il presidente del Senato Gianfranco Fini saluta il «simbolo positivo di una televisione costruita con educazione, intelligenza ed ironia», Massimo D'Alema ha affermato di «sentirsi legato a Mike da un rapporto di affettuosa simpatia».
Aveva definito la Juventus «la mia vita» e i bianconeri lo hanno salutato come un padre: «Una grandissima perdita per gli juventini», ha detto il presidente onorario del club Giampiero Boniperti. Per il ct azzurro Marcello Lippi era «il fuoriclasse dell'Italia della mia gioventù».
La distensione arriva anche sul territorio di guerra Rai-Mediaset-Sky che Mike ha attraversato da protagonista: dall'arrivo alla Tv pubblica al lancio di quella privata fino allo scontro Murdoch-Mediaset. Una storia di vita che coincide con quella della tv italiana. Per il dg della Rai, Mauro Masi, scompare «un pioniere, un comunicatore raffinato, un professionista esemplare». Mentre Pier Silvio Berlusconi dimentica il "licenziamento" da Cologno Monzese e pesca nei ricordi d'infanzia: «Io e mia sorella Marina eravamo davvero piccoli e ogni tanto papà ci portava negli studi. Ricordo Mike indaffarato a far nascere questa nuova Tv: ha partecipato alla nascita della televisione commerciale che ha contribuito alla modernità e alla crescita economica del paese». Gli ha fatto eco il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri: «Ha saputo investire su stesso ma anche sugli altri. Ha saputo capire il futuro». Anche quando hanno smesso di farlo gli altri, Mike ha continuato a puntare su di sè, scommettendo su un futuro targato Sky.
«Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli», scrive Eco nel saggio. Oggi quelle migliaia di fedeli bipartisan salutano l'americano che nei salotti degli italiani è già il primo santo della Tv. (S. Da.)