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Il quarto interrogativo riguarda le modalità da scegliere per vigilare su questo processo. Per quanto mi riguarda, sono scettico al riguardo delle proposte che vorrebbero imporre rigidi tetti agli squilibri attuali, specialmente se, come spesso accade, sono volute dal settore privato. È già abbastanza difficile per i governi prendere precisi impegni in relazione al settore privato, ma farlo per l'intera economia potrebbe essere un po' ambizioso.
Ho sentito parlare perfino della proposta di concordare una procedura di ammenda nel caso in cui tali tetti dovessero essere sforati: l'esperienza vissuta col patto di stabilità e di crescita europea - che ha fallito a fare proprio questo per i deficit del settore pubblico - dovrebbe servire da valido avvertimento. Regole e norme inflessibili, a prescindere dalle buone intenzioni, non risolveranno il problema. In ogni caso, il G-20 non ha legittimità a imporre politiche a coloro che non sono d'accordo, e ancor più a coloro che non ne fanno parte. Il meglio che possiamo auspicare, quindi, è che si instaurino una forma di vigilanza minuziosa e ufficiale da parte dell'opinione pubblica e una pressione da parte degli altri appartenenti al gruppo. Tenuto conto però che i membri del G-20 sono responsabili della parte del leone degli squilibri globali, per il momento sono proprio loro il giusto gruppo intergovernativo al quale far pervenire il problema al più alto livello politico. A Pittsburgh si è fatto un primo passo avanti.
munchau@eurointelligence.com
(Traduzione di Anna Bissanti)