«Non ci sarà una terza chance». Bene ha fatto il premier irlandese, Brian Cowen, a ricordare ai propri concittadini che l'Europa non darà a Dublino un'altra possibilità di esprimersi sul Trattato di Lisbona. Dagli ultimi sondaggi esce un quadro rassicurante sugli esiti del referendum di domani, con i favorevoli in ampio vantaggio. Pochi i margini di manovra per gli ultimi due leader euroscettici, il presidente ceco Vaclav Klaus, e quello polacco Lech Kaczynski, che vogliono aspettare il risultato irlandese, prima di apporre le firme alle ultime ratifiche. Ma circa tre milioni di irlandesi, dopo un primo rifiuto espresso l'anno scorso con motivazioni discutibili, non possono pretendere di tenere in ostaggio le riforme minime per far funzionare meglio un'Unione a 27 paesi con mezzo miliardo di persone. Tanto più se si pensa quanto l'Irlanda abbia beneficiato di fondi comunitari, mercato unico e protezione dell'euro nella crisi. Normale concludere che se gli irlandesi dicessero ancora "no" sarebbero la fine del Trattato di Lisbona. Ma anche l'inizio di un'Europa che avanza senza l'Irlanda.