C'è un banchiere centrale che dal Sussex a Bonn, passando per Roma, inchioda in due giorni governi e banche alla regola della prudenza e del rigore. Che da mesi, da presidente del Financial stability board, incita con pazienza a trasformare in realtà le indicazioni del G-20 per dare stabilità e fiducia ai mercati internazionali. Che risponde alle sollecitazioni del Wall Street Journal senza tacere il rischio che un possibile rialzo dei tassi possa determinare effetti nefasti sui bilanci delle banche non ancora risanati. Che davanti alla platea dei popolari europei fa notare che le finanze pubbliche dei paesi sviluppati si sono deteriorate a un ritmo mai prima registrato in periodi di pace. Che non dà tregua ai banchieri di tutto il mondo sul necessario rafforzamento patrimoniale dei loro istituti, richiamandoli alla loro responsabilità sociale. Che come un novello Caron dimonio non si stanca di battere col remo chi si adagia nel percorso di uscita dalla crisi. E, ovunque lo faccia, viene ascoltato e rispettato. Tutto nella norma: è un banchiere centrale e guida l'organismo internazionale deputato alla stabilità del sistema finanziario internazionale. La notizia: è un italiano.