Fino a pochi mesi fa, il duello scientifico sui cambiamenti climatici opponeva un network di 2.500 scienziati di tutto il mondo, raccolti sotto i colori dell'Onu e del suo Ipcc reduce dal premio Nobel per la Pace, contro un pugno di dissidenti. Oggi, con la scoperta di tre grossolani errori nel rapporto 2007 dell'Ipcc e uno strano giro di consulenze a banche e industrie da parte del suo presidente Rajendra Pachauri, le sorti della disfida paiono ribaltarsi: gli scettici del riscaldamento hanno nuove frecce al loro arco e l'opinione pubblica, a detta dei sondaggi, sembra all'improvviso nutrire dubbi sulle responsabilità climatiche della civiltà umana. È tempo che, all'Onu, qualcuno apra la pratica Ipcc e ci metta mano rapidamente. Non per dirimere le questioni scientifiche (dopotutto si parla di tre errori in un rapporto di 1.500 pagine) ma per riformarlo. Se la scienza ha bisogno dei dubbi – e delle voci contrarie – per andare avanti, la politica ha bisogno d'informazioni corrette per prendere le decisioni. Che, peraltro, tardano ad arrivare.