Non è facile ingaggiare un confronto con l'Iran. Paese già imperiale, cultura più che millenaria, crogiolo di tradizioni remote, fanatismi recenti, spinte globali vive e aspirazioni felici a un libero futuro, l'Iran risulta intrattabile all'interpretazione occidentale, dallo strappo che abbattè il governo democratico di Mossadeq, al regime dello Shah, secolare nei costumi, ostile alla democrazia. La regola feroce degli ayatollah, con la guerra e le persecuzioni, e ora la sfida del presidente Ahmadinejad sul nucleare ci chiamano a una doppia vigilanza. L'Italia è attiva in Iran fin dai giorni di Mattei e la nostra economia ha prestigio e business importanti. Dobbiamo recitare il nostro ruolo tra gli alleati, coscienti che bombe atomiche in mano agli sciiti scatenerebbero la corsa al nucleare in Medio Oriente: primi i sauditi. Dobbiamo difendere i nostri interessi nazionali con saggezza, parole misuratissime, atti seri e concordati con gli alleati. Il resto è pericolosa propaganda, Teheran non guarda i talk show. L'attacco all'ambasciata italiana, di certo vidimato dal regime, è gesto odioso e gravissimo: l'Italia è esclusa dal gruppo di potenze che negozia con l'Iran sul nucleare. Per uscire senza danni dalla crisi, non possiamo illuderci di avventurarci da soli in Persia.