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I mercati hanno ragione a dubitare della volontà dei governi e delle società di percorrere la via della deflazione. È proprio perché sono sicuro che il Regno Unito non lo farebbe mai che sono certo che l'euro non sia un'opzione salutare per quel paese. E naturalmente è lo stesso motivo che rende gli squilibri delle partite correnti tanto importanti nella zona euro. Non è solo il fatto che un disavanzo nelle partite correnti rappresenta un salasso per una domanda che è già debole. È anche il fatto che qui si parla di nazioni, non di parti di una nazione. Per gli elettori conta se il loro governo è insolvente o se il loro paese deve affrontare decenni di recessione. E inoltre, il governo federale degli Stati Uniti continuerà a funzionare a prescindere da quello che può succedere alla California; l'Europa non dispone di un governo federale di questo tipo.
Che cosa bisogna fare allora? Se lo scopo è evitare il disastro, la risposta è un supporto temporaneo alle finanze pubbliche dei paesi in difficoltà, una domanda forte nella zona euro nel suo insieme e un sostanziale riequilibrio di questa domanda, a partire dalla Germania. Il sostegno ai conti pubblici sarebbe congegnato in modo da prevenire il rischio che un tracollo della fiducia sul breve termine possa scatenare un default. In cambio, i paesi deboli dovrebbero impegnarsi a ridurre i salari nominali e a varare un programma di riduzione delle spese. Non vedo alcuna ragione di far intervenire il Fondo monetario internazionale, se non per un'assistenza tecnica. Un ricorso al Fmi starebbe a significare che questa unione è fasulla.
In alternativa, i paesi vulnerabili potrebbero venire lasciati al loro destino. Ma un'unione monetaria il cui paese chiave non solo esporta deflazione, ma non interviene quando gli altri membri vanno in crisi non ha futuro. Sta alla Germania decidere se vuole che questa unione prosperi oppure no.
(Traduzione di Fabio Galimberti)