I mercati finanziari stanno cercando di individuare quale può essere la "prossima Grecia". E sembrano procedere in cerchi concentrici fra i paesi ad alto debito. Per ora, la tensione si è un po' allentata sugli altri "Piigs" della periferia d'Europa (Portogallo, Irlanda, Italia, Spagna). Dopo una mini-crisi della sterlina, la Gran Bretagna è temporaneamente uscita dal mirino in attesa di nuove fibrillazioni pre-elettorali. Gli Stati Uniti sarebbero il bersaglio grosso, ma finora nessuno si azzarda.
Perché non il Giappone? Il rapporto fra debito e Pil è il più alto dei paesi avanzati, anzi passerà dall'astronomico 218% dell'anno scorso al 228% di quest'anno. La crescita è paralizzata da due decenni e il contraccolpo della crisi nel 2009 (-5,3%%) il peggiore nel G-7. La deflazione aggrava ancor di più i conti pubblici.
La verità è che siamo un po' tutti mitridatizzati dal Giappone: va così male da così tanto tempo, e il suo debito è così alto da così tanti anni senza che sia successo nulla, che cominciamo a pensare che non succederà mai nulla. In realtà, alcuni elementi attenuano la gravità della situazione: l'alto livello di attività detenute dallo stato dimezza pressapoco il debito totale netto; il costo del servizio del debito è basso, solo l'1,3% del Pil (l'Italia è al 5); e soprattutto, quasi tutto il debito è nelle mani dei giapponesi, il che migliora la percezione della sua sostenibilità. L'ultima asta di titoli decennali, la settimana scorsa, ha incontrato una buona domanda.
Non bisogna allora preoccuparsi delle finanze pubbliche di Tokyo e considerarle esenti da timori di crisi? Alcune tendenze di lungo periodo e un evento dei giorni scorsi fanno temere che possa non essere così. Intanto, il debito giapponese ha una vita media relativamente corta, sui 6 anni. La Gran Bretagna, recente bersaglio dei mercati, è a 14. Nel 2010, il governo deve rifinanziare titoli per 213mila miliardi di yen (la cifra fa spavento anche in euro, sono più di 1.700 miliardi), di cui 10mila miliardi (81 miliardi di euro) solo questo mese. L'invecchiamento della popolazione è il più grave dei paesi avanzati e, come osserva Dylan Grice, economista di SocGen, è improbabile che i giapponesi possano continuare a finanziare il proprio governo e allo stesso tempo aumentare la spesa negli anni della pensione.
Ecco il segnale d'allarme: il fondo pensioni pubblico Gpif è in rosso da quest'anno per la prima volta e ha avuto bisogno di linee di credito dalle banche per non dover vendere titoli di stato per pagare le pensioni. Per il debito giapponese non parliamo di un investitore qualsiasi: il portafoglio del Gpif è di 1.400 miliardi di dollari (più del Pil dell'India, per intenderci), due terzi dei quali in Jgb, i titoli di stato giapponesi. Si tratta di gran lunga del più grosso detentore di Jgb e l'invecchiamento della popolazione fa sì che di qui in poi la sua situazione può solo peggiorare. Senza il facile alibi degli "speculatori", Tokyo dovrà preoccuparsi allora dei suoi pensionati.
www.ilsole24ore.com/economia
Online «Mercati e mercanti» di Alessandro Merli