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Politica monetaria / Il dollaro è debole ma l'egemonia resta

di Giacomo Vaciago

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10 novembre 2009

La relativa forza dell'euro è l'unico segno positivo e incoraggiante della capacità dell'Europa di meritarsi un futuro, come ha giustamente sottolineato Carlo Bastasin sul Sole 24 Ore del 7 novembre. È però anche vero che la sua controparte, cioè la continua debolezza del dollaro è un problema da più punti di vista per noi europei, che rischiamo di averne molte conseguenze negative, sia in termini di perdita di competitività sia per i rischi di nuove bolle speculative.
Il problema è capire se e quanto rapidamente questa perdita di valore della moneta americana servirà a porre fine al suo ruolo di moneta internazionale. La passata esperienza relativa al passaggio di un ruolo analogo dalla sterlina inglese al dollaro americano non è molto incoraggiante: questi non sono processi facili e quindi rapidi a realizzarsi. Dovessimo oggi domandarci se la sostituzione del dollaro avverrà presto, la conclusione non sarebbe certo positiva.

Ricordiamo anzitutto a cosa serve una moneta internazionale, facendo riferimento a un famoso saggio di John Hicks sulle "due triadi": i compiti svolti da una moneta e i motivi per domandarla.

La moneta internazionale fa bene in tutt'e tre le cose cui serve: unità di conto, mezzo di pagamento, riserva di valore. Come unità di conto, il dollaro da molti anni misura in ogni momento il valore delle principali merci internazionali, dal petrolio al grano. Non c'è evidenza che il fluttuare del suo valore abbia ridotto quella funzione, altre monete avendo assunto loro la funzione di definire i prezzi di quanto sta sui mercati internazionali. Anche perché la finanza (non a caso cresciuta molto a Chicago!) ha da tempo messo a punto quei contratti finanziari che servono per "proteggere" i mercati reali dal fluttuare del valore della moneta americana. La sostituzione di tutto questo apparato non è facile e certo non avviene in un giorno.

Ma il dollaro non è solo la principale moneta usata per "fare i prezzi"; è anche la più usata per fare i relativi pagamenti. È di certo la banconota più conosciuta e usata al mondo, sia in tanti pagamenti "illegali" sia per tanti pagamenti che tutti i giorni si fanno alla luce del sole. Proprio perché l'uso di una sola moneta presenta tanti vantaggi (nel gergo si dice che ha effetti di esternalità) è difficile pensare che possa essere sostituita dall'uso internazionale di ciascuna moneta.

Qualcosa del genere lo vediamo, ma non in tanti casi. Si sa che la lira italiana e quindi l'euro adesso circola in Romania e lo stesso è successo in Polonia con il marco tedesco prima e con l'euro adesso. In altre parole l'euro ha già ereditato un po' della circolazione esterna delle singole monete nazionali che ha sostituito. Ma è chiaro che ciò non basta di sicuro a scalzare il ruolo del dollaro come mezzo di pagamento internazionale, fra l'altro anche perché la Bce non prevede né auspica ciò.

Infine, e in parte collegato ai primi due compiti, il dollaro è anche riserva di valore, cioè viene tenuto per motivi precauzionali o speculativi dalle imprese e dai cittadini di tanti paesi. Anche nei confronti di questa domanda di dollari, il fluttuare del suo valore per ora non è servito a favorire il successo di altre valute alternative: è tecnicamente più semplice proteggersi dalle fluttuazioni del valore del dollaro che accumulare riserve in valute diverse che sappiamo avere minor circolazione e quindi minor accettabilità.

Tutto ciò ci induce a concludere che dell'egemonia del dollaro non riusciremo mai a liberarci? Ovviamente no, perché la storia insegna che tutte queste cose possono cambiare e sono già cambiate tante volte in passato. Ma la storia ci ricorda anche che i periodi di transizione possono essere lunghi e turbolenti: i sistemi in cui l'egemonia monetaria è ripartita tra più monete (come era anche vero quando sia l'oro sia l'argento erano usati a fini monetari) possono essere ancora più instabili di quello che è il sistema attuale, basato sull'egemonia di una sola moneta, destinata a restare debole.

Dovremmo rispolverare il famoso piano Keynes di 65 anni fa? La cosa è già stata proposta tante volte, ma se non ha mai avuto successo non è solo per l'ovvio disinteresse degli Stati Uniti, che dell'attuale egemonia monetaria ancora traggono beneficio, ma soprattutto perché non hanno avuto coraggio sufficiente i suoi paesi creditori. Al momento siamo esattamente in questa situazione: il maggior paese creditore, cioè la Cina, è convinto di poter guadagnare dal commercio con l'estero più di quanto può perdere sui suoi crediti in dollari e quindi non forza la mano più di tanto nonostante la debolezza del dollaro.

10 novembre 2009
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