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L'ECONOMIA E LE IDEE / La timidezza non aiuta ad aprire i mercati

d Gianfranco Fabi

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10 Settembre 2009

«Il processo di apertura dei mercati deve essere riavviato», così Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust, nella relazione annuale presentata prima dell'estate. Una relazione preoccupata soprattutto perché non solo la crisi economica aveva già portato a una frenata del processo di liberalizzazioni, ma si stavano anche manifestando preoccupanti segnali d'inversione di rotta. Lo stesso Catricalà ammoniva: «In parlamento va scoraggiato lo stillicidio d'iniziative volte a restaurare gli equilibri del passato, a detrimento dei consumatori».
Ora che le Camere stanno ritornando a lavorare, è utile ricordare che l'esperienza storica dimostra come sia rischioso cercare la strada dei protezionismi, degli irrigidimenti, delle garanzie formali. E come sia invece utile, per ridare ossigeno e fiducia al sistema economico, lasciare spazio senza timidezza alla libera iniziativa, alla competitività, al merito.
Tra il 2006 e il 2007 l'Italia aveva avviato, con gli squilli di tromba delle "lenzuolate" dell'allora ministro Pier Luigi Bersani, tanti piccoli, ma significativi interventi: dalle farmacie alle assicurazioni, dalla distribuzione del gas alle telecomunicazioni. Pochi e contrastati passi di liberalizzazione, come ricordano Antonio Lirosi ed Enrico Cinotti: «L'approccio politico – affermano nel libro L'assedio – è stato quello di ridurre i privilegi anticoncorrenziali, le rendite di posizione corporative, le vessazioni e le incrostazioni che pesano sul cittadino-consumatore e sul piccolo imprenditore. Per contribuire all'equità sociale ed espandere il merito e le opportunità ai meno fortunati o illuminati».
Il cammino delle "lenzuolate", positive ma tutt'altro che rivoluzionarie, era stato comunque complesso fin dall'inizio sia per le reazioni delle categorie coinvolte (basti pensare ai taxisti), sia per le resistenze stataliste all'interno della rissosa coalizione dell'allora centro-sinistra. Perpetuando così il rischio che il nostro paese continua a vivere: pagare il costo delle liberalizzazioni a metà, con tutti i pesi di un mercato scarsamente efficiente e vantaggi molto limitati per le troppo caute e limitate aperture.
Come ha dimostrato l'Indice 2009 delle liberalizzazioni, realizzato dall'Istituto Bruno Leoni, il giudizio complessivo non può che restare negativo: i modesti passi avanti realizzati nell'ultimo anno (dal 49 al 51%, stimando il grado d'apertura di quindici settori chiave) sono considerati come «frutto solo di un'inerzia positiva, per cui la concorrenza avanza nei settori in cui i monopoli pubblici sono stati scardinati».
Va quindi salutato positivamente il passo compiuto ieri dal governo "per incrementare la spinta liberalizzatrice nei servizi pubblici locali" nella direzione indicata dall'Unione Europea. Un passo che non dovrebbe restare isolato per evitare che le liberalizzazioni vengano messe in secondo piano dalle esigenze di affrontare la crisi soprattutto sul fronte dell'occupazione e di non turbare un clima sociale già messo a dura prova dai conflitti e dalle polemiche politiche.

10 Settembre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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