Per la prima volta dopo sei anni di surplus ininterrotto, la Cina fa segnare un deficit commerciale. A marzo, le vendite di Pechino nel mondo sono cresciute del 24% ma le importazioni hanno fatto un balzo spettacolare: più 66% rispetto allo stesso mese del 2009. Una notizia che economisti, analisti e malpensanti attendevano da tempo. Le prime due categorie armate di grafici e tabelle, la terza senza bisogno di consultare alcunché se non il lungo elenco dei precedenti. Tutti i casi in cui, nel momento topico di una scelta cruciale, arriva un dato economico prodotto da un'istituzione cinese che corrobora la decisione più vantaggiosa per il governo... cinese. In questo caso la rivalutazione dello yuan chiesto a gran voce da mezzo mondo, Stati Uniti in primis. È vero che tirare per la giacchetta il governo di Pechino non aiuta la causa e dialogare è la strada giusta. È vero che la visita del ministro del Tesoro Usa Geithner a Pechino e i colloqui tra Obama e Hu Jintao al vertice sul disarmo atomico di Washington hanno lo scopo di riavvicinare le parti. Ma se a ogni faticoso passo avanti arriva un provvidenziale numero che ne fa fare due indietro viene da pensar male. Sulle statistiche, almeno su quelle, servirebbe un po' di chiarezza. Anche se sono scritte in cinese.