La seconda posizione è dunque che la Grecia debba fare da sé. Si badi, è possibile farcela: "Just do it". In passato molti paesi hanno sistemato finanze pubbliche dissestate. Ma la Grecia non sembra voler o potere seguire questa strada. Il piano di rientro fiscale è troppo timido data la gravità della situazione.
Eppure due settimane fa il mercato accolse con favore l'accordo tra l'Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale sancito dall'incontro tra la Merkel e Sarkozy. Allora scrivemmo che quell'accordo era il più ragionevole possibile al momento; tuttavia esso conteneva «ancora qualche ambiguità di fondo, che verrà alla luce in futuro. ...cosa succederà se qualcuno si tirerà indietro? Inoltre i finanziamenti dovrebbero essere concessi a tassi non di favore, ma allora che differenza c'è con il prestito di una banca? Comunque la si voglia chiamare, un salvataggio deve avere una componente di sussidio». Esattamente questi due nodi sono venuti al pettine, ancor prima di quanto ci aspettassimo. Secondo le ultime notizie, la Grecia potrà prendere a prestito un terzo della tranche fornita dal Fmi – circa tre miliardi e mezzo – all'1,25 per cento, i restanti 7 miliardi al 3,25 per cento. Poi viene la tranche europea, forse 20 miliardi. La Merkel intende come " tassi di mercato" quello che intendono tutti, nella fattispecie i tassi correnti sui titoli decennali, circa il 6.5 per cento.
I restanti governi europei ritengono che questi tassi non siano "di mercato", in altre parole ritengono di sapere cosa il mercato avrebbe dovuto chiedere, e sono pronti (almeno a parole) a prestare la propria componente al 4,5 per cento. Quindi come abbiamo detto, questi prestiti hanno una componente di "regalo" alla Grecia.
Ma questi 30 miliardi non saranno comunque sufficienti, e la Grecia probabilmente dovrà ricorrere a qualche forma di default qualunque sia il tasso di interesse a cui riceve aiuti ora. Con un tasso di crescita del Pil nominale vicino o forse addirittura sotto lo zero, e un disavanzo di bilancio che sembra sarà intorno al 6% o forse più, il rapporto debito/Pil è destinato a salire fortemente in ogni caso.
Che si voglia o no, e se anche non si vuole chiamarlo default o bancarotta, una qualche forma di "ristrutturazione" del debito, o default parziale, sembra dunque inevitabile. Proprio per questo Trichet è stato un po' incauto nel proclamare l'impossibilità di questo evento, per due motivi. Non è lui che può mobilitare le risorse necessarie; con le sue dichiarazioni rischia di drammatizzare un evento che, seppur grave, non sarebbe una catastrofe.
Con un default dietro l'angolo, la Grecia e i paesi europei dovrebbero cominciare a pensare al piano B, ovvero come minimizzare l'impatto sociale in Grecia di una crisi da parziale default. Si è parlato tanto di fare intervenire l'Fmi per utilizzare la sua esperienza nelle crisi finanziarie, ma forse dovremmo pensare a utilizzare la sua esperienza nel gestire il post-crisi. Il piano B - come proteggere i settori più deboli della popolazione - è altrettanto difficile da ideare e attuare di un piano finanziario per salvare il paese dal default. E qui più ancora che nell'evitare le crisi finanziarie l'Fmi ha un vantaggio comparato e un'esperienza difficilmente eguagliabili.
Per la Grecia dunque probabilmente è troppo tardi: bisogna cominciare a pensare a come gestire una crisi da parziale default invece che negarne la possibilità.
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