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IL PUNTO / Il premier punta ancora su se stesso. Con la mente rivolta al 2013

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11 aprile 2010

Ottimista e dinamico, Silvio Berlusconi ha scelto di puntare ancora una volta su se stesso. A Parma ha interpretato il suo personaggio di sempre, come aveva fatto peraltro in piazza San Giovanni a Roma, prima delle elezioni regionali. Con la differenza che di fronte alla platea degli industriali, cuore economico del paese, il presidente del Consiglio è apparso più a suo agio che in ogni altro contesto. Specie ora che il risultato del voto gli ha restituito un'immagine rinvigorita e davanti a lui si apre il triennio sulla carta più stabile della sua lunga vicenda politica.

Sarà anche il triennio delle riforme? Sotto tale aspetto il discorso di Parma ha risolto i dubbi solo a metà. Da un lato, il premier ha ripetuto la sua "agenda delle priorità". Non proprio una novità, visto che la riforma del fisco e della giustizia, nonché il conferimento di maggiori poteri al capo dell'esecutivo sono da tempo i cavalli di battaglia del "berlusconismo". Peraltro sono cavalli sempre rimasti nella stalla, dal momento che per una ragione o per l'altra non si va quasi mai oltre un elenco di buone intenzioni.
E in fondo anche in questa occasione il vero messaggio di Berlusconi non riguarda tanto i contenuti del programma riformatore, quanto il fatto che il presidente del Consiglio propone se stesso come la promessa e la garanzia del "rinnovamento". E chiede alla platea degli industriali - e a tutti gli italiani che lo ascoltano - di confermare l'investimento fatto su di lui. Da oggi fino al termine della legislatura, con un atto di fede nell'uomo.

Ciò spiega perché il discorso non ha risposto agli interrogativi che tutti si pongono in questi giorni: con quale strategia intende procedere la maggioranza e se davvero vuole cercare un accordo - o piuttosto un compromesso - con l'opposizione sui punti cruciali delle riforme. Qui il presidente del Consiglio sorvola: afferma che "tutti saranno ascoltati", ma si capisce che non ha molta fiducia nel confronto parlamentare. E in ogni caso non farà nulla, nei prossimi tre anni, che possa incrinare il suo consenso o mettere a repentaglio la leadership rilegittimata nelle urne.
A Parma ha voluto fare intendere con chiarezza che è lui, Berlusconi, e non Bossi o Fini, il vero e unico interlocutore dell'Italia produttiva. L'unico dal quale gli imprenditori possono ricavare risposte soddisfacenti ai loro problemi. Se le riforme verranno con l'accordo dell'opposizione, tanto meglio. Altrimenti continueranno a essere la bandiera del "berlusconismo" in questa sua estrema incarnazione.

Non è questione di alchimie istituzionali e tanto meno di nuova legge elettorale. Quando si dice che il premier punta ancora una volta su se stesso, significa che egli intende continuare a giocare un ruolo da protagonista carismatico. Ruolo per il quale gli è necessario coltivare il massimo della popolarità, oggi e nel prossimo futuro. Tutto è subordinato a questa prospettiva. «Berlusconi al Quirinale nel 2013» ripeteva ieri Calderoli. Se è così, si tratta di arrivare a quella scadenza avendo in mano le carte politiche giuste. Perché prima della data fatidica ci saranno le nuove elezioni da preparare. Ed eventualmente il referendum sulle riforme da vincere. Tutto ruota intorno a questi passaggi. Sapendo che le riforme sono per Berlusconi lo strumento pragmatico utile per avvicinarsi all'obiettivo della presidenza della Repubblica.

11 aprile 2010
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