Sarà che il Natale è fatto anche di riti e tradizioni. Fatto sta che anche quest'anno la finanziaria approda in parlamento e puntuale giunge la protesta dei sindaci. Che ieri si è spinta fin sotto Montecitorio, dove 500 primi cittadini si sono riuniti per contestare i tagli della manovra 2010 e chiedere l'allentamento del patto di stabilità interno. Un dissenso, quello dei comuni, che rischia però di diventare rituale. Visto che le stesse grida di dolore si erano già levate contro le finanziarie 2007 e 2008, targate Prodi, e quella 2009, firmata Berlusconi. Neanche la scelta del luogo è parsa così originale: davanti alla Camera si erano già autoconvocati, circa un anno fa, i sindaci veneti per chiedere la restituzione del 20% dell'Irpef. L'impressione è che battendo sempre sugli stessi tasti la musica suoni ripetitiva. Coinvolgendo nel refrain istanze condivisibili come lo sblocco dei 5-6 miliardi che sarebbero subito utilizzabili per gli investimenti. Lascia perplessi infine la minaccia di rompere le relazioni istituzionali fino a data da destinarsi. Dove, se non nelle sedi istituzionali, gli amministratori locali possono far sentire la loro voce?