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La ripresa non avrà la velocità di una volta

di Lorenzo Bini Smaghi

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11 Dicembre 2009

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Negli ultimi mesi si è registrata una forte ripresa dell'attività dei mercati obbligazionari privati, con effetti favorevoli sulle condizioni di finanziamento delle imprese, soprattutto quelle di grandi dimensioni. Le emissioni del sistema bancario rimangono ancora modeste. A parità di categoria di rischio, gli spread sui titoli bancari rimangono notevolmente superiori a quelli non-bancari. Gli investitori sembrano essere ancora scettici sui progressi realizzati nel processo di risanamento e di ristrutturazione dei bilanci da parte di alcune banche.

Nel complesso, il sistema bancario sta continuando a ridurre la leva finanziaria e il grado di rischio delle proprie attività. Tale aggiustamento, se necessario a livello di singola banca, può avere effetti indesiderati a livello macroeconomico. A ottobre, i prestiti del settore finanziario a quello reale nell'area dell'euro si sono contratti di circa lo 0,8% su base annua.

In questa fase del ciclo il rallentamento del credito bancario è da attribuire in gran parte a fattori di domanda. Data la contrazione della produzione e degli investimenti registrata in tutta Europa, è difficile aspettarsi altro che una diminuzione del credito. Il problema rischia di porsi al momento in cui la domanda d'investimenti riprenderà a crescere e la ripresa si consoliderà, cioè nel corso dei prossimi 18 mesi. Se in quella fase il sistema bancario non sarà in grado di assecondare la domanda di nuovo credito, la ripresa potrebbe essere compromessa. Per evitare un tale scenario, il sistema bancario deve usare l'attuale fase di ristrutturazione per rafforzare la propria base patrimoniale. Al riguardo, non bisogna dimenticare che gli utili che le banche stanno attualmente realizzando sono stati ottenuti in larga parte grazie alle misure straordinarie messe in atto dalle autorità monetarie, sotto forma di liquidità a basso prezzo. Tali utili, che hanno natura transitoria, devono essere utilizzati dalle banche per aumentare e migliorare la qualità del loro patrimonio. Ciò consentirà anche di recuperare un più ampio accesso ai mercati dei capitali e di far fronte all'aumento delle insolvenze. La distribuzione dei dividendi agli azionisti e la remunerazione straordinaria dei dipendenti non sono una priorità in questa fase delicata del ciclo.

Un tale scenario pone seri vincoli alla conduzione della politica economica.
La ripresa economica è ancora fragile e dipende in gran parte dallo stimolo fiscale e monetario. Appare dunque prematuro ritirare ora lo stimolo. Bisogna tuttavia stare attenti a non prolungarlo oltre misura. Ciò avrebbe effetti indesiderati sulla stabilità del sistema finanziario, determinando quotazioni non in linea con i fondamentali, che dovrebbero poi aggiustarsi con effetti negativi per i bilanci delle istituzioni finanziarie. Si deve evitare anche il rischio di generare dinamiche non sostenibili del debito pubblico, che minerebbe la fiducia delle famiglie e delle imprese. L'esperienza storica dimostra che più l'aggiustamento viene rimandato nel tempo, più rischia di essere gravoso.

Per tornare a crescere in modo autonomo e sostenibile sono necessarie altre politiche, di natura strutturale, che favoriscono una migliore allocazione delle risorse e un recupero di competitività. Solo così si può innalzare il tasso di crescita potenziale dell'economia, agevolare l'aggiustamento dell'occupazione dai settori in declino verso quelli più dinamici, aumentare la fiducia. E uscire definitivamente dalla crisi.

(L'autore è membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea
Sintesi dell'intervento svolto presso il Club Ambrosetti a Milano il 1° Dicembre 2009)

11 Dicembre 2009
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