Se si vuole una precisa fotografia dell'Italia di oggi, bisogna leggere con attenzione i dati raccolti da Ipr Marketing per Il Sole-24 Ore. Partendo da una doppia premessa. La prima è che il paese si sta avviando verso un modello decentrato in cui il peso del potere locale è destinato a crescere.
La seconda è che la rete delle autonomie – soprattutto comuni e regioni – si è giovata negli anni di un apprezzamento pubblico inversamente proporzionale alla diffidenza verso il governo centrale.
Il fenomeno è stato accelerato da un dettaglio cruciale: in un'Italia in cui le riforme sono di solito inafferrabili, comuni e regioni si sono avvantaggiati di meccanismi elettorali ben congegnati, che hanno dato buona prova e hanno avvicinato i cittadini all'istituzione.
Non si vota nello stesso modo nelle regioni e nei comuni, questo è noto, ma alla fine il risultato è positivo e ha permesso di dare un senso concreto all'alternanza destra-sinistra.
Ora il sondaggio ci dice che il 2009 è stato un anno difficile anche per i poteri locali. Era prevedibile: le incertezze e le ansie si riflettono sulla qualità della vita, in qualche misura incrinando il rapporto di fiducia con sindaci e presidenti di regione. L'idillio esiste solo nelle fiabe e l'anno che ci siamo lasciati alle spalle è stato portatore di inquietudini a tutti i livelli.
Tuttavia, a parte questo aspetto, le cifre ci offrono indicazioni interessanti. In testa alla classifica dei presidenti di regione c'è un nome, Giancarlo Galan, che si appresta a lasciare la presidenza del Veneto dopo roventi polemiche, accantonato in favore del candidato leghista, il ministro Zaia.
Ma quel 56% di gradimento nel 2009 è un attestato che dice molto sul governatore uscente. È un premio alle sue capacità di amministratore (è superiore del 5,4 alla percentuale con cui Galan era stato eletto l'ultima volta, cinque anni fa). Ma è anche la rivendicazione orgogliosa dei diritti del territorio rispetto alle manovre politiche di ispirazione nazionale.
In fondo vorrà dire qualcosa se i governatori che occupano la parte alta della classifica provengono da regioni in cui la macchina del consenso è bene oliata e la classe dirigente gode del rispetto degli elettori. Oltre a Galan, centrodestra, ci sono nei primi cinque posti tre esponenti del centrosinistra, i presidenti di Umbria, Emilia-Romagna e Toscana, e (al terzo posto) il presidente della Lombardia, Formigoni, centrodestra.
Come dire che i due blocchi più solidi si confermano nel giudizio degli italiani. Il blocco moderato del lombardo-veneto e il blocco di sinistra che guida storicamente il triangolo Bologna-Firenze-Perugia, la «repubblica degli Appennini».
All'interno di questi due mondi si possono verificare scossoni e conflitti, da Galan in Veneto alla Lorenzetti in Umbria, ma non sono prevedibili passaggi di campo nel voto di marzo. Berlusconi e Bersani sanno entrambi di poter contare su di un retroterra compatto.
Altrove la partita è aperta: lo dicono le cifre, che spesso rispecchiano la delusione dell'elettorato. È il caso di Lombardo in Sicilia, che in un anno ha perso oltre il 15% (ma non si voterà a Palermo) e soprattutto di Bassolino in Campania (meno 23,6 per cento). L'opinione pubblica sa valutare e sa scegliere. È irritata, sembra distratta, ma alla fine farà sentire il suo peso. Aspettiamoci sorprese.
Quanto ai comuni e alle province, due brevi osservazioni. Nella parte alta delle rispettive classifiche ci sono la presidente della provincia dell'Aquila, Stefania Pezzopane, e il sindaco della città, Massimo Cialente. È l'esito del buon lavoro svolto dopo la tragedia del terremoto. Quando l'amministratore sa essere vicino alla gente, anche sul piano umano, il riconoscimento è sicuro.
Tra i sindaci, il vertice della piramide esprime un arcipelago trasversale. Il leghista Tosi a Verona (che pure, come altri, perde alcuni punti rispetto al 2008), il democratico Chiamparino a Torino, e poi i primi cittadini di Reggio Calabria, Crotone, Salerno, Isernia, fino al giovane neosindaco Renzi di Firenze. Nord e Sud mescolati, come i colori politici degli amministratori. E a sorpresa troviamo in vetta alcune città meridionali in cui sulla carta la classe dirigente dovrebbe godere di scarso credito. Ma per fortuna non è sempre vero.