La proposta del premier britannico Gordon Brown al G-20 di St. Andrews d'imporre una tassa sulle transazioni finanziarie, come la Tobin tax, per finanziare i salvataggi bancari ha provocato una levata di scudi. Non è il caso di tornare sulle molte ragioni per le quali la tassa è un errore. Basta per ora l'opposizione immediata degli Usa.
È vero però che la risposta alla crisi con misure straordinarie sulla finanza ha evidenziato il problema delle banche too big to fail che creano azzardo morale, l'aspettativa che comunque interverranno i governi a salvarle. E da questo nasce un ulteriore problema, i costi dei salvataggi: vanno fatti pagare alle banche, non ai contribuenti. Se la Tobin tax non è la soluzione, quali sono le alternative?
Intanto, la questione delle crisi delle grandi banche può essere affrontata con un misto di prevenzione e di contenimento del contagio, come ha indicato a St. Andrews il presidente del Financial Stability Board, Mario Draghi: cercando di ridurre la probabilità di fallimenti con una supervisione consolidata per i grandi istituti che operano su più mercati; poi, rafforzando il sistema dando alle autorità i poteri per risolvere in modo ordinato i casi d'insolvenza; infine, minimizzando la trasmissione al resto del sistema, per esempio spostando su mercati regolamentati o piattaforme centralizzate quegli strumenti, come i derivati, che del contagio possono essere il veicolo più devastante. Qualcuno, come il governo inglese, ha proposto per decreto la draconiana spaccatura in più parti delle banche troppo grandi; qualcun altro osserva che forse si potrebbe agire attraverso le regole dell'antitrust.
Ma come pagare i costi dei salvataggi che si rendano comunque necessari, e che possono incoraggiare le banche a prendere rischi eccessivi e mettere in ginocchio le finanze pubbliche? Gli Usa pensano che le autorità debbano intervenire subito e poi recuperare ex post il denaro dei bailout una volta stabilizzata la situazione (lo hanno fatto con successo, per esempio, con Goldman Sachs, è tutto da provare che ci riescano con Citigroup). Brown nel suo discorso (anche se i suoi spin doctors hanno scelto di accentuare l'opzione populista della Tobin tax) aveva suggerito anche altre strade: una forma di assicurazione contro il rischio sistemico (che funzioni un po' come quella a garanzia dei depositi), un fondo pagato dalle banche per prefinanziare i salvataggi, l'uso di contingent capital di pronto intervento in caso d'emergenza. Si è parlato anche semplicemente di requisiti di capitale più alti per le banche d'importanza sistemica.
È possibile che si arrivi a una combinazione di queste soluzioni. St. Andrews però ha chiarito che il G-20 è un organismo pletorico nel quale è più facile trovare l'accordo su grandi strategie, com'è avvenuto a Pittsburgh, che sui dettagli tecnici. Soprattutto se qualche politico approfitta del podio per la caccia disperata a un po' di voti.