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NUOVE INIZIATIVE / Per le Pmi un manuale anti-crisi

di Aldo Bonomi

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11 Novembre 2009

Per dirla semplice: evviva il metodo dell'inchiesta, dell'osservare e raccontare peripatetici il vitalismo, il cahier de doléance delle piccole imprese sul territorio. Il loro attraversare la ristrutturazione della manifattura made in Italy e la crisi che le ha sorprese in mezzo al guado tra locale e globale, nel produrre e commercializzare nel mondo. Per dirla colta, parafrasando Polanyi, è la piccola trasformazione italiana.
Partendo dai tanti casi d'impresa a cui si è data voce, si ritrovano tracce di temi alti che hanno attraversato gli editoriali e i commenti del Sole 24 Ore. Percorso di racconto, riflessione e interpretazione dei processi materiali che hanno segnato il fine e l'inizio secolo: quello del fordismo e quello degli albori della globalizzazione. Riflessione che ci è stata molto utile di fronte alla crisi finanziaria, che ha scaricato a terra nel sistema delle imprese le proprie difficoltà.
Questo instant book altro non è che un racconto in presa diretta di come il tessuto delle imprese, la tanto decantata economia reale tiene e rappresenta un pezzo importante di quell'Italia che ce la fa. Purché, lo ribadisco, sia riconosciuta, accompagnata e raccontata come un campione-nazionale e non, come spesso accade, una serie di casi frammentati da spiegare con la solita metafora del calabrone che, non si sa come, eppure riesce a volare. Dal racconto dei colleghi, per me che li ho seguiti con i miei microcosmi, dalle loro inchieste, appare un'agenda del FARE utile per il sistema della rappresentanza degli interessi e per il decisore politico-istituzionale che opera negli enti locali, nello stato e in Europa a favore delle imprese. C'è tanta nostalgia del sindaco-imprenditore, a cui si chiedeva un tempo di concedere l'autorizzazione per un nuovo capannone e in tempi brevi c'era l'autorizzazione per costruirlo nell'area industriale attrezzata. Oggi non è più così.
L'inchiesta di Paolo Bricco con i casi dell'impresa Fontana, che da dieci anni aspetta il via libera all'ampliamento, e l'impresa Brugola che, all'opposto, è stata accompagnata nella crescita dal comune, svela che nella Brianza operosa, nella pedemontana lombarda, così come in quella veneta, il rapporto con gli enti locali e l'efficienza della pubblica amministrazione è fondamentale per l'impresa che vuol crescere senza delocalizzare.
Non solo nelle piattaforme produttive del Nord, ma anche a Sud, dove la Salerno-Reggio Calabria, eterna incompiuta, frena quelle imprese operose che già in un contesto ambientale difficile cercano di competere. La mancanza di reti hard per le imprese del territorio si unisce e diventa problema con le difficoltà ad accedere e a essere accompagnati verso le reti soft: come quelle dell'energia e della ricerca.
Le inchieste di Nino Ciravegna, partendo dal caso emblematico della Bbsfere che chiude dopo 62 anni, denunciano tutte le difficoltà delle imprese ad accedere agli aiuti per la ricerca e l'innovazione partendo dal click-day telematico per mettersi in lista per accedere a finanziamenti scarsi. Se poi ci si unisce il costo dell'energia più cara d'Europa, vediamo come competiamo appesantiti nel quadro internazionale. Eppure il racconto non s'interrompe.
Piccole storie semplici che fanno sorridere i soloni della macroeconomia. Perplessi, immagino, di fronte al discorso di nicchia che Marco Alfieri fa sui florovivaisti di Sanremo e di Pescia. Eppure quel racconto locale delinea redditi e senso per intere comunità locali che, con i loro fiori, competono con gli olandesi e i nuovi produttori africani. Storie che raccontano modelli di coesione orizzontale, altri da quelli del capitalismo renano fatto di grandi imprese, grande sindacato e grande banca. In cui un mobiliere e un imprenditore metalmeccanico per reggere e attraversare la crisi hanno finanziato e supportato l'indotto il primo, e si è ridotto stipendi e profitti il secondo. Segnali di una comunità d'impresa che rimanda al mitico modello olivettiano di rapporto tra impresa, territorio e comunità locale che sta nel Dna del capitalismo italiano. Che hanno portato ad accordi e contratti di filiera tra medie imprese leader, subfornitori di prima e seconda schiera, banche e associazioni di impresa dei grandi e dei piccoli. Certo, il tutto con fibrillazioni e tensioni sugli incentivi e sulla cassa integrazione.
La piccola trasformazione italiana ci restituisce un tessuto delle imprese evoluto che ha preso le misure ed è cosciente dei problemi del produrre per competere nella turbolenza dei mercati. Un'evoluzione antropologica dell'“animale-imprenditore” che dalla figura antica del metalmezzadro passando per i distretti e alle piattaforme produttive delle filiere di oggi dimostra di saper coniugare artigiania e saperi contestuali, il saper fare con i saperi formali, con la commercializzazione, i marchi, i brand, l'innovazione e le reti lunghe per competere. È quello che ho definito il COMMARTIGIANO. Per metà sul produrre e innovare la merce e per metà sul com del commercio e sul .com delle reti dei servizi, senza dimenticare il com della comunità da cui si è partiti. Nella crisi molti sono tornati alle tre C: di comunità, campanile e capannone. Come si racconta in una di queste inchiesta, si chiede al ministro Tremonti misure di protezione e accompagnamento. Tanti sono andati oltre la paura e, udite udite, osano confrontare il modello Nord-Est con la lean production del modello Toyota.
Piano piano, avendo capito l'aria che tira, ci si affaccia alla green economy che, in soldoni, significa battere la concorrenza cinese in California ove si scelgono i rubinetti italiani senza piombo per la qualità ambientale, o innovando producendo grandi caldaie a idrogeno. Ricordando a tutti che, nell'anno della crisi della Borsa, l'impresa più performante nel mercato azionario è stata la Landi Renzo di Reggio Emilia con la sua ricerca e la sua produzione per i motori a turbine a gas. Sono movimenti lenti, sussurri più che grida, che questo instant book coglie dandoci un messaggio forte. Questo tessuto di imprese è un nostro campione-nazionale da riconoscere con il racconto e l'accompagnamento in cui riconoscersi con empatia e, perché no, simpatia per i tanti al lavoro quotidianamente nelle tante imprese e impresine della nostra Italietta che ce la può fare e ce la fa.

11 Novembre 2009
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