Il contrasto ai paradisi fiscali cambia marcia. L'accordo siglato ieri tra Gran Bretagna e Liechtenstein non conferma soltanto l'accelerazione imposta da alcuni Stati (gli Usa, in primis) alla sigla di intese bilaterali con i paesi meno trasparenti; il fisco inglese ha ottenuto un impegno alla chiusura forzata dei conti nel principato per quei contribuenti che non si rassegneranno al rimpatrio agevolato dei capitali. Un impegno lontano nel tempo per ora (l'orizzonte è al 2015) ma che modifica radicalmente l'assetto – talvolta un po' burocratico – di questi impegni allo scambio di informazioni.
Per una di quelle coincidenze che sembrano volute, l'annuncio inglese cade negli stessi giorni in cui il caso Ubs sembra prepararsi a una resa altrettanto storica, con la consegna all'amministrazione Usa di una lista con (pare) 10mila nomi. Tutto questo mentre gli scudi fiscali si alzano, non solo in Italia, per invitare al rientro dei capitali. E aggiungendo spesso la minaccia di sanzioni più gravi e più specifiche. Non è ancora la trasparenza, ma è già più di un indizio.