Qual è il primo pensiero associato al termine "fisco"? Meno tasse. Certo, la prima risposta è quella che conta. Ma, se proprio non fosse possibile, la seconda sarebbe sicuramente avere un sistema tributario chiaro, adempimenti semplici e una pubblica amministrazione più disponibile. Un po' come avviene in Nuova Zelanda. Dove basta chiamare un numero, digitare il proprio codice fiscale per ottenere da un operatore tutte le informazioni richieste. O in Canada dove i funzionari del fisco sono molto collaborativi. Due paesi molto in alto nella graduatoria mondiale di PricewaterhouseCoopers, che ha preso ad esempio una media industria manifatturiera e ha calcolato i tributi a carico delle imprese, le ore necessarie per gli adempimenti, il peso complessivo delle imposte.
Dalla classifica emergono tutti i ritardi del nostro sistema fiscale. L'Italia occupa il 136° posto, vale a molto in basso e agli ultimi posti degli altri stati aderenti all'Unione europea. A conferma di una criticità messa in luce dall'indagine dell'istituto Bruno Leoni per il centro studi di Confindustria e presentata nella due giorni di venerdì e sabato scorso a Parma.
La situazione, però, sembra destinata a cambiare. Da un lato con la riforma fiscale che il governo ha messo in cantiere e punta a realizzare entro fine legislatura. Dall'altro con le azioni che l'agenzia delle Entrate sta mettendo e metterà in campo per semplificare la vita ai contribuenti.