Erano i primi di marzo del 1993, a San Vittore. Vestiva una tuta blu, neppure di marca. Lo avevano portato dietro le sbarre il 22 febbraio. Nonostante tutto manteneva il suo aplomb di alto signore distinto, abituato ai completi eleganti e a ben altri ambienti. Tutt'altro che uno snob, certo stava vivendo un inferno. D'improvviso si trovò di fronte Igor Man, l'indimenticato cronista che – chissà come – era riuscito a intrufolarsi nella prigione per salutare l'amico. Fu un abbraccio liberatorio, anche se composto e misurato. Poche parole, senza inveire contro nessuno, convinto di aver svolto bene il proprio mestiere, sotto lo sguardo sospettoso delle guardie. D'altronde, fuori, infuriava Tangentopoli.
Eppure era fatto così Francesco Paolo Mattioli, classe 1940, top manager finanziario della Fiat nell'epoca Romiti. E così, ieri, se n'è andato in silenzio, discretamente. Senza recriminare, nonostante la malattia che negli ultimi mesi l'aveva consumato. Lascia la moglie e due figli. Nel gruppo torinese era approdato nel 1975, con un curriculum d'eccezione. Nipote del potente presidente della Comit Cesare Mattioli, una laurea in giurisprudenza, un master alla Harvard Business School di Boston, iniziò la carriera come procuratore in Borsa per passare all'Alitalia e all'Italstat.
A Torino lo aveva chiamato Cesare Romiti, di cui divenne il solido braccio destro finanziario, oltre che amico di famiglia. Anch'egli romano, ma con un carattere diverso. Schivo, riservatissimo, autoironico e con senso dello humour, sapeva bene del pregiudizio che sotto la Mole si nutre ancora adesso nei confronti di chi arriva dalla capitale. Per molti anni abitò al residence Du Parc, davanti al Valentino, per poi spostarsi in un appartamento nella centrale via Viotti. L'Avvocato adorava «il ragazzo Mattioli», come sempre lo ha chiamato. E non solo perché lavoratore infaticabile. Aveva il suo stesso fiuto nel guardare i numeri di conti e bilanci e di cogliere problemi od opportunità. «Va bene, Mattioli, va bene», lo tacitava. Per poi farlo cercare dal centralino di casa Agnelli e tormentarlo in ore improbabili – anche all'alba, come tutti i suoi più stretti collaboratori – per soddisfare qualche curiosità in campo finanziario.
Su questo fronte Mattioli era oggettivamente abile e capace. Salì vari gradini in Fiat fino a diventarne nel 1992 il Cfo, il Chief financial officer, nonché rappresentante del gruppo in numerose partecipate. Dagli anni '70 agli anni '90 accompagnò la casa torinese nelle trasformazioni importanti - seguì, per esempio la nascita dell'Iveco e della fortunata avventura in Brasile, impostò la nuova architettura finanziaria – fino a inciampare nel pool di Mani pulite. Venne arrestato nel 1993 – era anche presidente della Cogefar-Impresit – per corruzione e violazione delle legge sul finanziamento pubblico dei partiti.
Tangentopoli fu uno spartiacque nella sua vita. Il carcere non è una bella esperienza per nessuno. A Igor Man lo raccontò in poche battute, e non solo perché era cordiale d'abitudine con i giornalisti: «Lo sa? Un detenuto mi ha regalato un uovo al tegamino. Ho capito che cos'è la solidarietà. Nel mio mondo nessuno ti dà niente per niente». Oltre un mese a San Vittore, gli arresti domiciliari, i processi, la condanna. Alcuni inquirenti pensavano, attraverso di lui, di arrivare ai vertici Fiat. Ma si sbagliavano. Nel 1999, esaurita la tempesta, riprese l'attività in Fiat: executive vice-president del gruppo per assicurazioni, editoria e Internazionale holding. Dal 2001, formalmente in pensione, ne è rimasto consulente, affiancando l'incarico di amministratore indipendente di Prysmian e Atlantia.
«Mai un gesto di superbia o un'invettiva», ricordano in Fiat. Dalla segretaria al dirigente, sempre disponibile e con una battuta pronta. Sulla Juventus, magari, che seguiva allo stadio con l'Avvocato, o sulla pallacanestro, di cui è stato discreto giocatore nel periodo universitario. Al di là del mondo dell'auto confidava «Mi diverte il pianeta editoria». E quando un grande manager Fiat tormentava i giornalisti della Stampa per i bilanci, Mattioli lo interruppe indolente «Dottor.. lei ha ragione, ma la sa che la Fiat produce il buco della Stampa in soli 20 minuti? Un po' di buon senso per favore...!».