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Il mobile si fa cinese e schiva la crisi

di Marco Alfieri

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12 Marzo 2010
Il mobile si fa cinese e schiva la crisi (Ap)

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Il segreto? Nessuna rivoluzione: «Presidio forte del mercato domestico - spiega - scelta oculata delle materie prime e rete vendita efficiente». Valorizzando soprattutto quella manodopera che i grossi gruppi hanno lasciato per strada dopo aver smobilitato e delocalizzato». E riannodando la catena di terzisti rimasti senza commesse. «Per ogni azienda come noi, ci sono almeno 4-5 micro-realtà che lavorano per un indotto di 70-80 addetti tra tagliatori, cucitori, tappezzieri, imballatori e caricatori».

Insomma Treviso e Matera, Pordenone e Montescaglioso. Identico odore di colla e rumore di fresa ma due mondi che proprio non si pigliano: i primi in pole position nel club dei 15 di Confindustria, le provincie più manifatturiere d'Italia; i secondi a sgomitare nel gruppone degli emergenti a metà classifica. Eppure la crisi li sta avvicinando e li meticcia: entrambi in apnea da crisi e da cassa integrazione diffusa ma con qualcosa da dirsi superando, forse, il proverbiale frazionismo italico. Un esempio su tutti: «Dal maggio scorso - prosegue Carcella - stiamo collaborando con aziende del metadistretto veneto-friulano. Ci siamo presentati insieme con idee coordinate a un road show con 200 rivenditori del nord Italia e abbiamo trovato sinergie nell'allestimento delle case abruzzesi post terremoto. Il riscontro è stato buono, tanto da ripetere l'esperimento alla fiera di Pesaro».

Naturalmente «la sinergia nasce da una debolezza», spiega Michele Andriulli, segretario della Fillea Cgil di Matera. «La destrutturazione dei grandi gruppi qui ha esternalizzato molti pezzi di produzione, scaricando sui contoterzisti rischi e costo del lavoro. Loro si sono tenuti la polpa: commercializzazione, design e prototipia». Anche se «l'effervescenza dei piccoli gemmati - ammette Andriulli - permette di mantenere il presidio manifatturiero sul territorio, partorendo case history interessanti e promettenti». Quasi non sembra contare il basso o l'alto di gamma nel tunnel della recessione. Conta molto di più come si fanno le cose e come ci si posiziona sul mercato. «Piuttosto occorre investire su politiche pubbliche che risolvano il tema dell'accesso alle risorse strategiche, extramercato, per l'innovazione produttiva delle Pmi», spiega il professor Gioacchino Garofoli dell'Università dell'Insubria.

Il retail in fondo è in crisi dappertutto, province campioni o province emergenti. Se la passa meglio chi sta dentro la grande distribuzione, che per i terzisti veneti è una grande valvola di sfogo, evitando il camposanto a un bel pezzo di filiera: verniciatori, assemblatori, corniciai, intagliatori, decoratori. Secondo alcune stime, nel metadistretto veneto-friulano, senza questo sbocco sarebbero già saltate circa 150 microimprese dell'indotto. Mille addetti sul lastrico. Una sapienza artigiana destinata altrimenti a finire nel cestino. Si torni pure a fare i cinesi d'Europa per il mercato domestico attento al budget, se serve. Ecco il messaggio in bottiglia per i colleghi lucani. Non sarà come sta scritto sui libri, ma la guerra è la guerra. A Treviso come a Matera.

IL CONFRONTOIL DISTRETTO DI MURGIA-MATERA Nel triangolo fra Santeramo in Colle, Altamura e Matera, fino al 2006 le aziende erano 110 con 8mila addetti. Oggi, solo nel Materano, gli occupati sono scesi da 5mila a 2.500.






IL DISTRETTO DEL LIVENZA Da Motta di Livenza a Pordenone, 314 imprese sono occupate nel settore arredo e danno lavoro a 11mila addetti. Negli anni d'oro producevano il 23% dell'arredamento italiano. Oggi, gli ordinativi segnano -30/40 per cento.






«Un piano alberghi può salvare il settore»

12 Marzo 2010
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