Una bolletta di oltre mezzo miliardo subito, che potrebbe salire a 840 milioni nei prossimi anni. Il protocollo di Kyoto presenta il conto, ma la responsabilità è in gran parte nostra. L'aver definito per l'Italia tetti alle emissioni di anidride carbonica molto stringenti non ha creato, e non poteva farlo, le condizioni per un turnaround industriale e tecnologico immediato. I nostri impianti non sono del resto i fanalini di coda in termini di efficienza e un po' di realismo in più avrebbe giovato al Paese. Fra tecnici e politici, come ricorda il numero uno del comitato di gestione del Protocollo di Kyoto Corrado Clini, le visioni erano diverse. E l'allora ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, ha preferito puntare su una riduzione secca delle emissioni, sottovalutando gli effetti collaterali della decisione o comunque ritenendoli meno rilevanti dei vantaggi conseguibili. Hanno prevalso demagogia e velleitarismo. Ma a conti fatti, al momento l'ambiente nulla ci guadagna, ci perdono imprese e cittadini. Costruiremo nuove centrali, compreremo diritti altrui, pagheremo tutti quanti un po' di più.