Le imprese energetiche di tutto il mondo stanno sostenendo investimenti rilevanti, con ritorni molto dilazionati nel tempo, per introdurre tecnologie amiche dell'ambiente e nello stesso tempo produrre in modo sempre più efficiente l'energia di cui abbiamo bisogno.
Si tratta di un'opera complessa e faticosa che richiede dimensioni di scala rilevanti e un grande capitale umano unito alla capacità di muoversi su più fronti. Occorre battere tutte le strade: dall'efficienza energetica alle nuove tecnologie per la generazione da fonti alternative, passando per le fonti rinnovabili, il nucleare di terza generazione avanzata, la generazione distribuita, la cattura e sequestro dell'anidride carbonica.
Per vincere questa sfida, le imprese hanno bisogno di un quadro di regole di riferimento, che permetta di quantificare e gestire i rischi connessi ai loro investimenti. Si può ben dire che da questo punto di vista la difesa dell'ambiente e la crescita economica sono facce della stessa medaglia. Sarebbe infattiillusorio tentare di combattere il cambiamento climatico dimenticando di creare le condizioni economiche per sostenere la ricerca, l'innovazione, gli investimenti del settore privato.
Non sappiamo ad oggi quale esito avrà la Conferenza sul Clima di Copenhagen. Sappiamo però con certezza che le imprese energetiche devono poter contare su condizioni competitive il più possibile uniformi in tutto il mondo, e che solo la piena realizzazione di questo obiettivo permetterà loro di creare sviluppo, innovazione e occupazione, sostenibile nel lungo periodo. D'altro canto, è innegabile il fatto che la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, per essere efficace, deve essere progettata e raggiunta su scala globale. Soluzioni parziali avrebbero il difetto d'introdurre pericolose distorsioni competitive e, soprattutto, renderebbero impossibile ottenere risultati apprezzabili.
Il coinvolgimento di tutti i paesi del mondo nella lotta al cambiamento climatico può essere ottenuto solo introducendo obiettivi di contenimento delle emissioni ragionevoli e raggiungibili, nel rispetto del fatto che responsabilità e capacità sono comuni a tutti. Particolare importanza in questo contesto rivestono i meccanismi flessibili (CDM, JI) che consentono di trasferire tecnologie verso paesi in via di sviluppo, laddove il potenziale di riduzione delle emissioni è più elevato a parità di sforzo economico, senza comprometterne la crescita. Abbiamo dunque bisogno di una grande alleanza tra governi e settore privato per disegnare regole nuove che garantiscano la riduzione delle emissioni, assicurando nel contempo alle imprese capaci d'introdurre innovazioni tecnologiche un vantaggio economico.
Non dobbiamo dimenticare che il settore privato dovrà farsi carico della quasi totalità dello sforzo di riduzione delle emissioni atteso nei prossimi decenni e non possiamo quindi concepire un sistema che non lo coinvolga in modo costruttivo.
I governi di tutto il mondo sono chiamati a creare le condizioni per la nascita di un mercato della CO2 moderno, liquido, trasparente, globale, nel quale tutti gli attori possano progettare e realizzare investimenti per dare un contributo concreto alla costruzione di un mondo migliore.
Fulvio Conti è A.d. e direttore generale di Enel