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COMMENTI / L'attimo fuggente di private equity e merchant bank

di Fabio Tamburini

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13 febbraio 2010


«La crisi porterà le aziende più deboli a integrarsi con gruppi più forti e le Generali hanno dimostrato di avere solidità e know how per fare questo tipo di operazioni». Giovanni Perissinotto, amministratore delegato della compagnia triestina, ha confermato nei giorni scorsi l'attenzione con cui le aziende più forti, e più liquide, guardano alle opportunità attuali dopo la caduta di valore delle imprese. Lo stesso Perissinotto ha poi aggiunto che, per quanto riguarda le Generali, «non c'è nulla d'imminente» perché «in tempi di crisi, anche davanti alle buone occasioni, va vinto lo scetticismo di mercati e consigli d'amministrazione».
Di sicuro i primi segnali di ripresa giustificano una domanda ricorrente: è arrivato il momento di vincere la prudenza e puntare su nuove operazioni di sviluppo? E altrettanto certamente le banche d'affari sono tornate al lavoro, tirando fuori dai cassetti dossier accantonati ormai da qualche tempo e confezionandone altri, più o meno impegnativi. In particolare non mancano progetti che riguardano aziende italiane. D'altra parte, il sistema Italia è stato tra quelli che sono riusciti a limitare i danni e ora ha qualche cartuccia in più da sparare. Lo confermano un paio di dati. Proprio giovedì scorso l'operazione Enel rete gas – acquisita dal fondo per le infrastrutture F2i, guidato dall'amministratore delegato Vito Gamberale, e dal fondo Axa private equity – ha ricevuto alla City di Londra il riconoscimento di project finance dell'anno 2009 dalla prestigiosa pubblicazione internazionale Euromoney. Non solo. Ben tre operazioni effettuate in Italia (la vendita dei servizi finanziari del Monte dei Paschi di Siena e Seat Pagine gialle, oltre all'Enel rete gas) risultano tra le prime per importanza tra quelle concluse l'anno scorso.
In realtà, la strada verso una ripresa del merchant banking e dell'attività dei fondi di private equity è tutta in salita. «Le bocce sono ancora ferme», dice Gaetano Micciché, direttore generale d'Intesa Sanpaolo. E Gianfilippo Cuneo, gestore fondi di private equity, conferma: «Buona parte delle attività rimane sostanzialmente bloccata». Sempre Micciché, peraltro, sottolinea una novità non trascurabile e di segno opposto: «Si sono rimesse in movimento - sostiene - le operazioni fatte da industrie su altre industrie. Gli imprenditori che hanno superato meglio la crisi si rendono conto che possono cogliere opportunità straordinarie rafforzando le posizioni sul mercato con l'acquisto di concorrenti, integrandosi anche a monte e a valle con fornitori e clienti. Il tutto a condizioni vantaggiose, perché i valori delle società in vendita sono molto più bassi rispetto al passato».
Su posizioni analoghe Fabio Sattin, presidente della Private equity partners sgr: «Ci sono occasioni a prezzi che un paio di anni fa erano da sogno, inimmaginabili. Sono affari che o si fanno subito oppure certe condizioni risulteranno irripetibili». Il problema resta la tempistica. La grande crisi è davvero in via di superamento oppure arriveranno altre, dolorose sorprese? La verità è che lo scenario resta incerto, con difficoltà di fare previsioni su risultati aziendali e andamento dei ricavi. In più, anche i finanziamenti bancari, in passato assai generosi, sono diventati merce più rara. Tuttavia, come ricorda Simone Cimino, amministratore delegato della francese Cape Natixis in Italia, «la storia del private equity dice che i massimi ritorni si fanno acquistando in momenti di massima crisi».

13 febbraio 2010
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