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GIAN PAOLO PRANDSTRALLER / L'accordo collettivo salva industria e professioni

di Alberto Orioli

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13 Novembre 2009

Perché non farli dialogare i capitalismi, quello industriale, quello post-industriale e quello quaternario-immateriale? Perché non trovare un punto di contatto tra mondo della manifattura – con mezzi di produzione il lavoro e il capitale – e mondo delle professioni, dove sapere e servizio sono diventati essi stessi mezzi di produzione?

È la domanda da cui parte Gian Paolo Prandstraller, sociologo delle professioni dell'Università di Bologna nonché filosofo (chimico a tempo perso e anche avvocato) e da anni paladino della causa delle professioni intellettuali. Una delle soluzioni che propone l'autore di Imprenditore quaternario. Avanguardie del capitalismo immateriale è quella di stipulare accordi collettivi tra associazioni delle imprese utilizzatrici e Ordini o Associazioni professionali interessati all'erogazione dei servizi professionali.

«Non è cosa particolarmente complessa – dice il sociologo bolognese – e mi sembra più percorribile che in passato, dato che proprio in queste ore si registra la convergenza di diverse associazioni, dall'Abi alla Confindustria, sui temi delle professioni a partire da alcune critiche alla riforma forense. Nell'accordo collettivo potrebbero trovare la giusta disciplina aspetti come le tariffe, le materie tecniche, le occasioni progettuali in relazione al mercato». Agli avvocati dunque l'onere di aprire la strada.

«Il tempo è maturo – ragione ancora Prandstraller – per dare una configurazione diversa alla rappresentanza degli interessi di questo ceto produttivo. Il centrosinistra ha sempre osteggiato il mondo delle professioni e ha commesso un grave errore; oggi il centrodestra, nonostante abbia una nutrita rappresentanza parlamentare composta proprio da professionisti, sembra stare ancora alla finestra». Ci sono le professioni legalmente riconosciute, dice lo studioso, ma anche quelle in cerca di riconoscibilità giuridica e sociale.

«Penso a tutte le professioni ancora in attesa di albo, ma anche a quei lavori come web designer e web master che configurano già nuovi saperi professionali nel senso classico del termine, ma per nulla codificate in un appropriato status giuridico. Anche la manifattura ormai deve tutto al contenuto immateriale di chi cerca di indovinare le tendenze del cliente, di chi fornisce applicazioni conoscitive al prodotto e ha quindi bisogno di utilizzare il lavoro di professionisti abili e creativi. Si tratta di professionisti del capitalismo cognitivo ora quaternario che soprattutto l'Italia tende a dimenticare».

Un mondo vastissimo e influente che, a ben guardare, può comprendere – oltre ad avvocati, ingegneri, medici, architetti, biologi, veterinari, commercialisti e così via – anche la nuova élite dei servizi più sofisticati, che si fonda su saperi personalizzati, che utilizzano nella produzione anche discipline come la storia, la filosofia, le arti visive, la fotografia, il cinema eccetera.
Sono professioni che portano contenuti e innovazioni e diventano veicoli di nuovi prodotti e di acquisizioni d'impresa. Prandstraller ne parla in un saggio di prossima pubblicazione su Mondoperaio, un appello a governo e forze sociali per una nuova politica nei confronti delle professioni intellettuali.

«Basta guardarsi attorno – dice – per comprendere come questa fase di economia quaternaria abbia come protagonisti servizi ormai estremamente sofisticati, personalizzati e fondati su espressioni filosofiche. Mi riferisco anche al mondo delle arti, della musica, della moda, del design, e naturalmente dell'architettura, che è diventata una disciplina fondamentale nello sviluppo capitalistico».

È chiaro che il talento raro ed eccezionale di certi creativi non «ha bisogno di rappresentanza collettiva, ma serve di stimolo a intere categorie; ciò che conta è rappresentare in termini collettivi il grande insieme di studi e di tutelare quei professionisti che non sono star ma appartengono al sistema delle professioni».
Prandstraller pensa a politiche fiscali «più benevole», soprattutto per le fasi di avvio delle attività e per le aggregazioni destinate a creare maggiore valore aggiunto. Un intervento urgente, perché oggi a soffrire sono quasi 3 milioni di professionisti.

13 Novembre 2009
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