Qual è oggi il maggior rischio per l'economia? Paradossalmente è che le cose migliorino troppo in fretta. Non è una battuta. Ma se l'economia americana riprenderà a crescere in modo significativo e, soprattutto, se la disoccupazione smetterà di aumentare e accennerà una qualche riduzione, allora s'invertiranno le aspettative degli operatori. E s'invertiranno anche le analisi delle banche centrali. A quel punto diventerà possibile immaginare un prossimo aumento dei tassi d'interesse e una qualche manovra per riassorbire la liquidità abbondante che è in circolazione. Da qui nuove difficoltà per tutta l'economia e per il nostro paese in particolare.
Nei giorni scorsi è stato rilevato un aumento sensibile della produttività negli Usa: nel terzo trimestre del 2009 la produttività delle imprese americane è cresciuta del 4,3% rispetto allo stesso trimestre di un anno prima. Un tasso molto elevato in fase di congiuntura ancora negativa, che testimonia della forte flessibilità dell'economia americana e di una probabile prossima inversione di tendenza.
Infatti in questo paese l'occupazione scende rapidamente, subito dopo un calo della domanda e della produzione. Sicché, quando la domanda e la produzione accennano una ripresa, il primo effetto è un aumento della produttività, perché la crescita avviene con imprese che si sono liberaste della manodopera. Ma, se le imprese si sono liberate rapidamente della manodopera in eccesso, questo vuol dire che, in caso di reale ripresa dell'economia, ci sarà anche un recupero sensibile dell'occupazione. Questo è quanto ci si aspetta nei prossimi trimestri se, come si spera, il fondo della recessione è stato toccato. Quando questo avverrà, non ci saranno più sensibili aumenti della produttività, come quello segnato nel terzo trimestre del 2009. Crescerà il reddito, l'occupazione e anche i salari. In altre parole, si rimetterà in moto il ciclo economico, come sempre è stato nel corso degli ultimi sessant'anni, malgrado le diverse crisi epocali attraversate.
Un aumento del reddito, dell'occupazione e dei salari negli Usa sarà il segnale atteso dalla Federal Reserve e dalle altre banche centrali per aumentare i tassi d'interesse e cominciare a riassorbire gli eccessi di liquidità che sono stati iniettati nel mercato per sostenere l'economia nelle fasi più acute della recessione.
Diverso sarà il caso in Europa (in quella continentale in particolare) dove la recessione riduce meno l'occupazione, così che anche la ripresa trascina meno occupazione, perché prima occorre riassorbire la manodopera che è stata congelata nei sistemi di sicurezza sociale esistenti. Ma anche la Bce sta all'erta, pronta ad aumentare i tassi d'interesse e a riassorbire la liquidità in eccesso. Nell'ultimo bollettino della Bce (ottobre 2009) si dice testualmente che «quando si osserverà un miglioramento nel contesto macroeconomico, il Consiglio direttivo assicurerà il tempestivo rientro delle misure adottate e il riassorbimento della liquidità concessa». Quindi, anche se l'Europa non dovesse vedere ancora aumenti nell'occupazione, è molto probabile che seguirà gli Usa nell'adeguare al rialzo il costo del denaro e si farà sostenitrice di una politica di riassorbimento della liquidità.
Tutto normale, ovviamente, e tutto bene, perché vorrà dire che la recessione è passata e che la ripresa si va consolidando, grazie anche e soprattutto alla formidabile tenuta dei mercati dell'Asia (alla faccia di quanti hanno tuonato contro la globalizzazione e richiesto misure protezionistiche per difendere le produzioni locali). Ma un aumento dei tassi d'interesse significherà anche che si vanno sovvertendo tutte le condizioni che hanno retto fin ad allora i mercati. Da qui pericoli di nuove crisi.
In effetti, l'economia soffre più dei repentini cambi di condizioni che del valore assoluto raggiunto da alcune variabili sui mercati. Perché gli operatori tendono ad adattarsi alle condizioni esistenti sul mercato. È così probabile che le borse reagiranno negativamente a una riduzione della disoccupazione, paventando aumenti nel costo del denaro. Si deprimerà il mercato delle obbligazioni e si comincerà a fare i conti con un aumento dei tassi d'interesse.
Peggiorerà la situazione per tutte le posizioni di debito, e sono tante che sono state aperte nel corso di questa crisi. Per il nostro paese, un aumento dei tassi d'interesse significherà un aumento della spesa pubblica per il servizio del debito. Si avvereranno così i timori di controllo della finanza pubblica e si dovrà dire addio a tutte le speranze di riduzione delle tasse.
Il miglioramento dell'economia mondiale, tanto atteso, sarà salutato con soddisfazione, ma non significherà affatto che avremo risolto tutti i nostri problemi. Diventerà allora urgente fare quelle riforme e prendere quelle misure che oggi rinviamo con la scusa che la recessione non ci consente d'intervenire.
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