TOKYO - I l Giappone che resta fuori dalla riforma per il consiglio di Sicurezza dell'Onu. Che soffre per la debolezza dello yen sul dollaro, che viene superato dalla Cina come primo partner commerciale di Washington, come primo sottoscrittore di buoni del Tesoro americani. Oggi Barack Obama, al suo debutto asiatico, troverà nella prima tappa a Tokyo, un Giappone ferito e risentito nei confronti degli Stati Uniti. Un Giappone contro le basi americane a Okinawa, deciso a concentrasi più sull'Asia che sul Pacifico e ad affermare una maggiore autonomia da Washington. Anche perché queste erano le promesse elettorali del primo ministro Yukio Hatoyama.
Per questo oggi, nell'incontro con Hatoyama, Obama il pragmatico avrà due tattiche: da una parte offrirà una spalla amica su cui sfogare i risentimenti, dall'altra limiterà con fermezza gli eccessi di discontinuità nell'alleanza. Anche perché un'alleanza forte fra Tokyo e Washington resta l'unico contrappeso alla dirompente conquista economica cinese della regione.
Proprio la questione di Okinawa, esplosiva dopo la dimostrazione di 20mila persone domenica scorsa nella cittadina di Ginowan, diventerà il banco di prova per il nuovo rapporto. In campagna elettorale Hatoyama aveva promesso di rimettere in discussione l'accordo del 2006. Un accordo che prevede di spostare la base di elicotteri dal popoloso centro di Futenma al villaggio di pescatori di Henoko, molto più rurale e di trasferire 10mila marines a Guam. Hatoyama invece aveva promesso una parziale evacuazione americana dall'isola.
Al loro primo incontro bilaterale di New York, a margine dell'Assemblea Onu, Obama e Hatoyama hanno interpretato ciascuno il proprio ruolo: Obama si è congratulato con Hatoyama per la vittoria e Hatoyama ha detto che l'America «resterà il pilastro centrale per la sicurezza e la politica estera giapponese». Subito dopo, però, i dissensi: il Giappone comunica il ritiro dalla missione di rifornimento di carburante alle navi americane impegnate in missioni di appoggio al fronte afghano; l'ambasciatore giapponese a Washington, Ichiro Fujisaki, enuncia inusuali critiche nei confronti del Pentagono e il governo Hatoyama conferma che la questione Okinawa andrà rivista.
Il confronto dialettico è dunque aperto. E le due strategie di Obama, quella del confronto e della fermezza sono già attive. Per la distensione, Hillary Clinton ha fatto il suo primo viaggio all'estero in Asia. Barack Obama infine pronuncerà il suo discorso asiatico da Tokyo e non da Pechino, come in altre occasioni aveva fatto il suo predecessore. Con un impegno, quello di un ritorno, forte, dell'America nel teatro asiatico. Al di là della missione delicata in Giappone, gli Stati Uniti diranno che America is back, l'America è tornata. Dopo Tokyo, Obama andrà a Singapore per il vertice dell'Apec e dell'Asean. Poi a Shanghai e Pechino per un lungo passaggio cinese, infine in Corea del Sud per riaffermare la coincidenza di vedute nel perseguire il disarmo nucleare della Corea del Nord e il riavvicinamento delle due Coree.
Ma oggi è la giornata del Giappone. E resta da esplorare l'altro fronte, quello della fermezza. Il segretario al Pentagono Bob Gates ha chiarito che, se si rimetterà in discussione l'accordo del 2006, allora si dovrà rivedere anche l'invio a Guam dei 10mila marines oggi a Okinawa. Lo stesso Obama del resto, prima di partire per Tokyo, ha dichiarato alla Nhk che il «Giappone dovrà onorare l'accordo del 2006».