La polemica fra giornali tocca un livello pericoloso. Il suo tono stridulo, al limite della petulanza, stucca i già distratti lettori e fa ripiombare nel disincanto l'opinione pubblica assordata dalla blogosfera. Sono in ballo crisi economica, attrito fra politica e giustizia, i guai del governo e l'evanescenza dell'opposizione, un paese che sembra perdere stima di se stesso mentre il mondo ci guarda con amarezza e astio: è davvero triste vedere i giornali, piccoli e grandi, pestarsi senza ritegno, tutti contro tutti, come pistoleri al saloon di uno spaghetti western. È questo che i lettori ci chiedono? Ha senso competere così, e per che cosa? Per un pugno di copie, un effimero prestigio, una supremazia ideale o morale che nessuno ha infine lo status di assegnare? Come potremo in futuro deprecare le risse dei politici in tv? Contro le pressioni, le denunce, i boicottaggi di pubblicità, la calunnia, la diffamazione, l'oltraggio, tutti, da sinistra a destra, dovremmo parlare lo stesso linguaggio di tolleranza e dialogo. Una prova che stiamo fallendo e che a tutti, presto, costerà credibilità e copie.