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LE BARRIERE CHE NON CADONO / Quel muro messicano che separa il sogno dal bisogno

di Sergio Luzzatto

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14 Novembre 2009

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I limiti d'efficacia del muro sono evidenti a chiunque sia disposto a vederli. La presenza della barriera modifica gli itinerari d'accesso e d'attraversamento del confine, ma non incide sul numero complessivo di clandestini che cercano di farcela, per la buona ragione che le soluzioni poliziesche non sono adatte a risolvere i problemi economici. Fin tanto che i diseredati messicani avranno la prospettiva di percepire - dall'altra parte della frontiera - un reddito medio annuo di 30mila dollari anziché di 4mila, né il muro, né le guardie, né i sensori, né gli elicotteri basteranno a tenerli lontani dal confine. Né basteranno a inibire la fiorente economia che prospera intorno al Mexican Wall: contrabbandieri di clandestini, i coyotes, che si arricchiscono guidandoli (o abbandonandoli) nel deserto; costruttori di tunnel che si inabissano in Messico e spuntano fuori negli States; spacciatori di droga e di armi.

L'amministrazione Obama appare meno incline della precedente a considerare il muro una panacea per lo spinoso problema della frontiera messicana: nell'ultimo anno, i finanziamenti federali all'edificazione della barriera sono stati sospesi. Tuttavia, in mancanza di misure economiche e commerciali davvero incisive, che riducano significativamente il differenziale di ricchezza fra il Messico e gli Usa, si può ben supporre che lungo quel confine - accanto al muro, sopra il muro, sotto il muro - centinaia di migliaia di messicani continueranno ogni anno a passare. E che una piccola percentuale di sfortunati (circa uno su mille) continueranno ogni anno a morire.

Resta da chiedersi se mai potrà esistere, in un qualche punto del Mexican Wall, l'equivalente del piccolo museo che a Berlino Ovest raccoglieva, presso il cosiddetto check-point Charlie, le reliquie dei tedeschi orientali caduti vittime delle guardie di frontiera di Berlino Est. Allora, il museo serviva egregiamente la propaganda occidentale della Guerra fredda. Oggi, un museo dei chicanos caduti varrebbe esso stesso, alla sua maniera, a propagandare il fascino irresistibile del capitalismo.

14 Novembre 2009
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