È da sempre in salita lo stretto sentiero che porta all'aggregazione delle aziende di minori dimensioni. Forse perché molti imprenditori del made in Italy la pensano ancora come Giulio Cesare: «Preferisco essere il primo in uno sperduto villaggio dei Pirenei piuttosto che il secondo a Roma». In parte anche perché i sostegni governativi su questo versante non sono mai stati determinanti. Ma adesso sembra giungere a maturazione, anche in seguito della crisi, una riflessione sul fattore dimensionale come elemento chiave per competere. Un percorso iniziato da tempo, discusso in numerose occasioni, andato avanti tra alti e bassi, spesso anche per una certa ritrosia degli imprenditori che troppo spesso preferiscono appunto essere i leader assoluti di una piccola realtà piuttosto che poter condividere le fette di una torta più grande. I tempi sono però maturi per cambiare. Se ne è accorto anche il governo Berlusconi che ha cominciato – forse un po' troppo timidamente – a stanziare aiuti per i distretti. Qualche altro sostegno potrebbe essere nella pipeline di Tremonti. La crisi richiede però maggior coraggio, anche per vincere le resistenze del family business.