George Soros ha un talento speciale per far soldi, e questo è arcinoto da quando nel 1992 guadagnò un miliardo di dollari scommettendo contro la sterlina. Ma anche per associare il suo nome a buone cause, come per esempio l'apertura dei paesi ex comunisti dell'Europa centrale, dove è nato. Spesso ci prova gusto a combinare l'una finalità all'altra.
Lo scorso fine settimana, l'ex re degli hedge fund ha annunciato di voler investire più di un miliardo di dollari in tecnologie per l'energia pulita, una causa, dice, alla quale lo ha convertito l'ex vicepresidente Usa, Al Gore. «Cercherò opportunità per far utili - ha dichiarato Soros - ma insisterò perché i progetti nei quali investo forniscano un contributo reale a risolvere il problema dei cambiamenti climatici». Per dimostrare la sua dedizione, si è impegnato anche a finanziare, con 10 milioni di dollari l'anno per dieci anni, una fondazione battezzata Climate Policy Initiative.
Soros non è l'unico investitore ad aver pensato all'energia pulita. Gli investimenti di venture capital in questo settore, dall'energia solare all'eolico, dai biocarburanti alle auto elettriche, hanno goduto di un vero boom nel 2008, fino a toccare gli 8,4 miliardi di dollari nel mondo, e, dopo una flessione a inizio 2009 a causa della crisi finanziaria, si stanno già riprendendo brillantemente. La "clean tech", la tecnologia pulita, rappresenta oggi oltre un quarto di tutti gli investimenti dei venture capitalist e ha superato le biotecnologie. Tanti sono i fondi a caccia di investimenti redditizi che qualche esperto del settore ha cominciato a chiedersi se non siamo anche qui in presenza di una bolla in formazione. La "gelata" degli investimenti nell'eolico quando il prezzo del petrolio è crollato è servita da ammonimento. Ma diamo atto a Soros della sua abilità di investitore e della sua capacità di anticipare i problemi, come il recente credit crunch.
Piuttosto c'è da interrogarsi sul ruolo che il finanziere e filantropo vuol giocare con la sua fondazione. L'obiettivo dichiarato è consigliare i governi, suggerire politiche in materia di tecnologia verde, vigilare sulla loro attuazione. Non si tratta di un aspetto secondario, perché molti degli investimenti nel settore si basano sul presupposto che saranno i governi a fornire gran parte dei finanziamenti, degli incentivi, delle garanzie per sviluppare energia pulita. Molti paesi, dagli Stati Uniti all'Australia, alla Germania, hanno già inserito norme "verdi", finanziate con miliardi di dollari, nei loro piani di stimolo per il rilancio dell'economia, e gran parte di questi non sono ancora stati spesi. Senz'altro la Climate Policy Initiative, «chiamata a proteggere l'interesse pubblico», non potrà che consigliarli a fare di più.
Soros, insomma, siederà da entrambe le parti del tavolo. Quasi più facile della scommessa a senso unico contro la sterlina.