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ANALISI / In Occidente eguaglianza verso il basso

di Fabrizio Galimberti

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14 Settembre 2009

È difficile descrivere una bella ragazza – disse qualcuno – ma lo so quando la vedo. Ed è ancora più difficile descrivere la classe media: non basta vederla, si può farlo solo misurandola. E la maggior parte delle misure concordano su una semplice costatazione: la classe media si sta restringendo nei paesi ricchi e gonfiando nei paesi emergenti. A cosa è dovuta questa tendenza? Ed è irreversibile?
Ma torniamo prima sul problema della misurazione. La definizione più accettata è quella che individua la classe media in quanti guadagnano dal 75% al 125% del salario medio. Ma altri parametri sono possibili. C'è chi colloca la classe media dei vari Paesi in quanti vivono di redditi compresi fra il reddito medio del Brasile e quello dell'Italia. E chi l'identifica, per i paesi emergenti, in quanti spendono da 2 a 10 dollari al giorno (ma se si dovessero identificare la classe media in chi soddisfa ambedue le definizioni, nessuno ne farebbe parte!).
Malgrado le incertezze definitorie, la classe media nondimeno esiste e l'evidenza statistica – si restringe da una parte e si gonfia dall'altra – ha una semplice spiegazione: la globalizzazione. Da quando, dopo la caduta del Muro di Berlino e il riflusso dallo statalismo in Cina e India, la forza-lavoro dell'economia di mercato è in pratica raddoppiata nel mondo, gli effetti sulla distribuzione del reddito sono stati immensi e implacabili. La nuova disponibilità di lavoro a basso costo non poteva che esercitare una pressione al ribasso su salari e stipendi nei paesi di antica industrializzazione.
L'ingresso di miliardi di lavoratori nell'economia di mercato ha avuto lo stesso effetto che avrebbe nei mercati dell'alluminio la scoperta di nuovi e immensi giacimenti di bauxite. Il prezzo dell'alluminio calerebbe e così tende a scendere anche il prezzo del lavoro, dato che nei paesi occidentali i lavoratori si trovano, direttamente o indirettamente, a competere con i nuovi arrivati che offrono il proprio lavoro per un "pugno di riso".
Ciò non vuol dire, ovviamente, che salari e stipendi occidentali si siano adeguati a quelli cinesi. Vuol dire invece che si è creata una pressione al ribasso sul costo del lavoro nei paesi "emersi". Salari e stipendi sono rimasti fermi o sono cresciuti poco. Nell'altalena della distribuzione del reddito, meno redditi da lavoro vuol dire più profitti. Le imprese – finanziarie e non – si sono avvantaggiate con la globalizzazione perché da un lato hanno visto rallentare il loro costo del lavoro, dall'altro hanno riorganizzato le loro "catene di offerta" andando a cercare in giro per il mondo prodotti e semilavorati là dove costavano meno, dall'altro ancora hanno sfruttato i prodigi della telematica risparmiando anche sui servizi: hanno spostato in paesi a basso costo tanti servizi informatici, di contabilità, di gestione assicurativa e perfino di lettura di cartelle radiologiche, per citarne solo alcuni.
All'inverso, nei paesi emergenti l'abbraccio dell'economia di mercato ha portato a un rapido sviluppo e l'uscita di centinaia di milioni di persone dalle zone statistiche della povertà ha gonfiato la classe media. In Cina il concetto più vicino a quello di classe media è lo "Xiaokang" (arricchimento moderato e bilanciato) e la costruzione di una "società Xiaokang" (liberamente traducibile in "società del benessere") è stata lo scopo dichiarato delle riforme adottate dal presidente Deng Xiaoping dopo il 1979.
Ma è naturalmente nei paesi occidentali che questo restringimento della classe media pone i problemi più seri. Alla pressione al ribasso del costo del lavoro per la concorrenza estera si sono aggiunte una serie di riforme per aumentare la flessibilità del mercato del lavoro in Europa, ed è aumentata così la quota di lavori a contratto precario. Nel contempo la pressione migratoria – versione viva e vicina della concorrenza di quei lavoratori lontani che si accontentano di un "pugno di riso" – ha concorso anch'essa ad aumentare la quota dei salari bassi, mentre la finanziarizzazione dell'economia e l'aumento dei profitti hanno innalzato la quota dei redditi alti.
Il peggioramento nella distribuzione dei redditi porterà a una forte domanda di riforme negli ammortizzatori sociali, soprattutto in direzione di un "salario minimo" o di un "reddito di cittadinanza". E la crisi in atto ha certo ridimensionato i redditi della "classe ricca", in quanto opposta alla "classe media". Ma è sconsolante constatare che, per correggere il rigonfio dei ricchi e dei poveri, a detrimento della classe media, l'unico strumento utile sia risultato una crisi epocale...

fabrizio@bigpond.net.au

14 Settembre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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