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SVILUPPO POSSIBILE / Il valore aggiunto non si tocca

di Stefano Manzocchi

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Giovedí 15 Aprile 2010

Produttività e occupazione sono andate in direzioni diverse, nel nostro paese, negli ultimi due decenni. Discreta crescita della produttività (anche se inferiore ai partner europei) con elevata disoccupazione negli anni 90; bassa disoccupazione e produttività stagnante nel decennio scorso. Come chiedono Giorgio Barba Navaretti e Guido Tabellini sul Sole 24 Ore del 2 aprile, per ricomporre una dinamica virtuosa produttività-occupazione occorre spostare risorse verso gli impieghi più promettenti.
Il problema è che, nel breve e medio termine, questo può significare perdita di posti di lavoro e "macelleria sociale" (Daveri sul Sole dell'8 aprile). Occorre tuttavia evitare che la conservazione dell'esistente impedisca ai germogli d'innovazione di attecchire nella nostra economia e società: senza di essi saremmo condannati a una difesa protezionistica a oltranza. E occorre che le scarse risorse disponibili vengano dedicate alla nuova, "vera" ricerca e innovazione, e non al finanziamento surrettizio di attività già avviate o d'innovazione incrementale.
In quest'ambito, è assai rivelatrice la statistica dei "beni intangibili" che contribuiscono alla crescita economica potenzialmente quanto i "beni tangibili". Le attività intangibili sono attualmente classificate tra gli input intermedi poiché si suppone che esauriscano il loro ruolo di fattori produttivi nell'arco di un solo periodo di tempo. La considerazione esplicita della spesa sostenuta dalle imprese per sviluppare attività intangibili tra i beni capitali e non tra le spese correnti fa quindi emergere un quadro dei motori della crescita economica di un paese sostanzialmente diverso da quello attuale.
La spesa in Ricerca e Sviluppo rappresenta in questo senso il caso più emblematico. Ad esempio, l'attività preparatoria svolta dalla Apple per il lancio dell'iPad, dallo sviluppo tecnologico al marketing, e le spese ad essa connesse, vengono considerate attività transitorie e quindi contabilizzate tra i costi sostenuti dalla Apple. In realtà, però in questo processo, l'attività di R&S effettuata dalla Apple svolge il ruolo di fattore produttivo a tutti gli effetti.
I beni intangibili si possono suddividere in tre grandi componenti: quella relativa all'informazione computerizzata (principalmente software); quella relativa alla proprietà intellettuale scientifica e artistica; e quella relativa alle competenze economiche (capitale organizzativo, marketing, capitale imprenditoriale e manageriale). Assai rilevante per il nostro paese è la decomposizione del capitale intangibile. Non solo - come ci si attenderebbe - per l'Italia pesa meno l'investimento in software rispetto a paesi quali la Finlandia, ma questa componente ha subito una contrazione tra il 1995 e il 2005, a differenza di quanto accaduto in Germania. Tra le componenti della proprietà intellettuale, in Italia, la voce "sviluppo di nuovi prodotti" è aumentata, in linea con la Germania, mentre rimane bassa la spesa in R&S. In compenso l'Italia ha una quota molto alta di spesa per le competenze economiche, dalla consulenza al capitale organizzativo e manageriale: oltre il 50%, contro il 40-45% dei paesi del Centro-Nord Europa.
Certamente la crisi finanziaria e la recessione hanno spostato l'enfasi del dibattito economico sulle politiche di stabilizzazione macro e sulle questioni regolatorie, e hanno fatto giustizia di "modelli nazionali" di sviluppo insostenibili (i casi di Regno Unito e Spagna insegnano). Ma che dire del modello economico italiano (Pmi, settori "tradizionali")? Resisterà anche questa volta? Non occorre forse augurarsi che anche l'Italia modifichi il suo "capitale intangibile", spostandolo in parte dalla consulenza verso ricerca scientifica e "vera" innovazione?

smanzocchi@luiss.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA

IL DIBATTITO



Idee per la ripresa
Il dibattito sulle cure urgenti per l'Italia è stato avviato sulla prima pagina del Sole 24 Ore del 2 aprile da Guido Tabellini e Giorgio Barba Navaretti, che hanno sostenuto la necessità di un'allocazione delle risorse mirata verso le attività più produttive.
Sono seguiti i contributi di Marco Fortis (6 aprile), Pietro Reichlin (7 aprile), Francesco Daveri (8 aprile), Vincenzo La Via (14 aprile) e Sergio De Nardis, pubblicato sul Sole di ieri.

Giovedí 15 Aprile 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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