A prima vista, la Grecia e l'Irlanda vanno in coppia. Sono i due malati più gravi di Eurolandia, quanto a salute dei conti pubblici. Entrambi i paesi hanno un deficit attorno al 12%, mentre il rapporto debito/Pil va verso il 120% ad Atene e supera il 100 a Dublino, includendo il costo dei salvataggi bancari.
Sono arrivati allo stesso punto per strade diverse: la Grecia con una classica espansione della spesa pubblica e del peso dello stato nell'economia, l'Irlanda con un laissez faire eccessivo per le banche e il settore immobiliare. Con una differenza sostanziale, anche calcolando l'eredità della crisi: in Irlanda, la politica delle basse imposte per le imprese e dell'attrazione dei capitali esteri ha fatto salire il reddito pro capite ai vertici europei, non lontano dai quali resterà anche dopo lo scoppio della bolla; la Grecia langue in coda alla zona euro. Anche la risposta all'emergenza fiscale è diversa: Dublino ha scelto il rigore estremo, Atene ha annunciato ieri sera un percorso più morbido. Con il rischio che siano i mercati a imporre a caro prezzo una ricetta più austera.