Una bara rosa, un funerale goliardico con tanto di orazione funebre davanti al municipio. Basterà l'ennesima provocazione per richiamare l'attenzione sulla lenta "morte" da spopolamento di Venezia? Quella dei media di sicuro, visto che ieri sono accorsi da tutto il mondo per il singolare evento, promosso per segnalare che ormai è formalmente saltata anche la soglia dei 60mila residenti, e poco conta spiegare che in realtà la città storica è frequentata quotidianamente da 150mila persone. Ma Venezia ha bisogno di ben altro che di un passaggio in tv o di una foto su un giornale. Il suo male oscuro sta sì nella perdita di quasi due terzi degli abitanti in cinquant'anni, ma sta soprattutto in una sorta d'involuzione che blocca tutto in nome del denaro facile. Un'economia drogata dal turismo, ma un turismo che più che costruire solidamente la città del futuro ne dilapida il patrimonio. Un meccanismo infernale che moltiplica prezzi e costi e che vede perdente la classe media. È l'unica possibile anima di una città viva, ma è troppo ricca per gli alloggi popolari e troppo povera per il mercato libero.