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Secondo una ricerca curata da Giovanni Sartori, nel 1909, in seno all'ultima Camera eletta a suffragio ristretto, i laureati erano il 79%; una percentuale non troppo diversa dal numero di dottori presenti in Assemblea costituente (il 74,2%), dopo la prima elezione a suffragio universale. D'altronde, queste percentuali si mantengono inalterate durante le prime legislature dell'età repubblicana; se in seguito diventano un ricordo, benché nel frattempo cresca il numero d'italiani con un titolo di studio superiore, allora non è il caso di prendersela con le regole della democrazia.
La conclusione? C'è da ripensare il concetto stesso di rappresentanza, esigendo qualche competenza in chi reclama il nostro voto. C'è da porre un argine alla politica come professione, dunque ai professionisti della raccolta elettorale, gente che non ha un mestiere cui tornare dopo l'intervallo di governo, e che perciò s'inchioda alla poltrona per tutti i secoli a venire. In breve, c'è bisogno d'una cura contro il potere degli inetti.