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PIT STOP / Consorzi bancari come nel 1978? Si può tentare

di Guido Gentili

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15 Settembre 2009

Consorzi bancari di salvataggio in funzione anticrisi e a sostegno delle aziende? Chi ricorda la legge 787 del dicembre 1978 e le sue disposizioni per «agevolare il risanamento finanziario delle imprese»? La difficilissma situazione odierna può suggerire, con tutti gli adattamenti del caso, una rilettura delle misure varate trent'anni fa sulla scia di una grave emergenza?
Le imprese vanno incontro a una stagione complicata. Si temono in generale gli effetti del razionamento del credito e una "gelata" della ripresa che comincia ad abbozzarsi. La crisi ha colpito duro e in modo selettivo, come afferma il Centro studi Confindustria. Le aziende del manifatturiero più esposte alla competizione internazionale soffrono di più. Inoltre, si legge nell'ultimo rapporto, sono risultate «più penalizzate le imprese che avevano una posizione debitoria e patrimoniale più fragile, con oneri finanziari e leva maggiori, a causa della caduta dei margini e delle più difficili condizioni di finanziamento sia sui mercati sia presso le banche».
I delisting delle società quotate si moltiplicano. Una fase di profonda ristrutturazione industriale, con ricadute diffuse sull'occupazione, è alle porte: in parte è inevitabile, in parte no, nel senso che potrebbero chiudere i battenti anche quelle imprese dimostratesi competitive ma oggi in deficit di liquidità e capitali. Cosa che, anche in termini di coesione sociale, non possiamo permetterci, pena la distruzione d'un pezzo fondamentale del sistema produttivo.
Sono stati attivati "ammortizzatori" importanti nel rapporto tra banca e impresa. Oltre a una serie d'accordi settoriali e sul territorio, governo, banche e imprenditori hanno firmato un accordo per la sospensione dei debiti delle piccole e medie imprese verso il sistema creditizio. Funzionerà? Basterà? Il presidente dell'Abi Corrado Faissola ha detto che le perdite su crediti delle banche potrebbero arrivare alla fine dell'anno a 17 miliardi, ed è d'altra parte cronico il problema della sottocapitalizzazione delle imprese.
La legge 787 del 1978 (prima su spinta del governatore della Banca d'Italia Carli e poi su quella decisiva del successore Baffi) nacque per agevolare il risanamento finanziario delle aziende industriali che non erano più in grado di fronteggiare il servizio del debito. Venne così consentita la creazione di società consortili (schermo tra la banca e l'impresa) per il finanziamento delle imprese in crisi.
La 787 permetteva il consolidamento per cinque anni, a tasso agevolato, dei crediti a breve delle banche per le quali erano previste deduzioni dall'imponibile per una quota massima pari al 50% del tasso di mercato. Interventi (compresi i rinvii di pagamenti) su base volontaria, temporanea e condizionata: la banca non doveva risolvere i problemi industriali delle imprese (né la Banca d'Italia doveva proporsi come fattrice di politica industriale) ma, come diceva Baffi, essere «di stimolo alla soluzione di quei problemi e contribuire alla definizione dei loro aspetti finanziari».
L'applicazione della 787 (usata tra l'altro per Montedison) fu oggetto di elogi e di critiche. È passato molto tempo da allora, la stagione della banca pubblica. È cambiato tutto. O quasi: nel 2009 ritroviamo qualche problema di cui si parlava trent'anni fa. Riprendere in mano la 787 può essere utile.

guido.gentili@ilsole24ore.com

15 Settembre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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