No, l'analisi dei dati statistici non equivale alla lettura dei fondi di caffè. Anche se, qualche volta, i numeri s'inseguono e sembrano contraddirsi. Ieri la Commissione europea ha fornito ai mercati un'informazione bruciante. Il Pil italiano quest'anno è dato in calo del 5%, contro il -4,4% previsto in precedenza da Bruxelles. Tutto questo, mentre l'Unione Europea nel suo complesso intravede «la luce in fondo al tunnel». Venerdì scorso, invece, l'Istat ha comunicato il dato che tutti aspettavano con ansia: a luglio la produzione industriale è aumentata dell'1% rispetto a giugno. E il superindice Ocse ha segnalato Francia e Italia come i paesi più vicini alla ripresa. Segno di piccoli passi in avanti in un contesto che resta però maledettamente complicato. La ristrutturazione del sistema industriale è dolorosa. I consumi interni rimangono debolissimi. Ma alcuni mercati come l'Asia ricominciano a tirare. Ci vorrà del tempo. Ma, prima o poi, tutti gli indicatori inizieranno a registrare andamenti omogenei. Soltanto allora sarà passato il peggior inverno dell'industria italiana.