«Non è protezionismo ma applicazione degli accordi commerciali esistenti». Così Barack Obama ha giustificato l'applicazione dei dazi sugli pneumatici cinesi, rei di aver inondato il mercato americano. Prontamente Pechino ha ribattuto al colpo, appellandosi alla Wto e aprendo inchieste sull'import di carne di pollo e di componenti d'auto dagli Stati Uniti. Wall Street ha registrato ieri con un temporaneo passo indietro l'escalation. Perdite poi riassorbite nella convinzione che l'editto di Obama sia stato un atto dovuto nei confronti dei sindacati dell'auto, attanagliati dalla crisi, e la risposta cinese un altrettanto prevedibile segnale di volersi far rispettare come socio a pieno titolo del club della Wto. C'è da sperare tutto finisca lì. Se così non fosse, e ci si avvitasse in una spirale protezionistica, la sconfitta sarebbe cocente per tutti. Uno sgradito e inutile fardello sulle ancor fragili prospettive di ripresa mondiale e i laboriosi tentativi di governance mondiale del G-20.