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AMERICA / 1 - L'USCITA DALLA CRISI
È il lavoro la chiave di s-volta di Obama

di Carlo Bastasin

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16 aprile 2010

Nei giorni della sua elezione Barack Obama ha dovuto fare i conti con il peggior quadro economico che un presidente degli Stati Uniti abbia ereditato all'inizio del suo mandato negli ultimi 70 anni. Il sistema bancario era vicino al collasso, il fallimento di Lehman avrebbe paralizzato per mesi interi segmenti del mercato monetario e finanziario, l'economia stava precipitando, milioni di case venivano liquidate a ogni prezzo dalle famiglie indebitate e otto milioni di americani avrebbero perso il loro posto di lavoro nei mesi successivi.

Da quel punto di partenza, la risalita verso condizioni di normalità sembrava quasi impossibile. Alcuni analisti offrono oggi una prospettiva tanto diversa da sembrare provocatoria: al di là del rimbalzo della crescita, reso possibile da pesanti interventi statali, l'economia sta mandando segnali di miglioramento strutturale che testimonierebbero l'elasticità della macchina economica americana e che, in un'ottica politica, aprono imprevedibilmente al presidente Obama la prospettiva di una strada in discesa verso il completamento della legislatura.

Il segnale più interessante viene proprio dai dati sull'occupazione sui quali Obama vuole misurare il proprio consenso elettorale nelle elezioni del 2012. Il crollo dell'occupazione durante la crisi era stato eccezionalmente ampio rispetto alle passate recessioni e aveva comportato in particolare un pericoloso aumento della disoccupazione di lungo periodo. Ma contrariamente a tutte le precedenti fasi recessive, la produttività del lavoro anziché scendere ha continuato ad aumentare per poi accelerare vigorosamente a partire dalla seconda metà del 2009 con l'avvio della ripresa.

Alcuni dati pubblicati di recente dal Dipartimento del lavoro (l'Household Survey e l'Establishment Survey) confermano la perdita tra dicembre 2007 e dicembre 2009 di otto milioni di posti. I dati disponibili sono stati scomposti da alcuni colleghi del Peterson Institute di Washington che hanno studiato la perdita di posti in ragione del livello d'istruzione dei lavoratori, scoprendo le ragioni dell'aumento di produttività dell'economia Usa. I lavoratori con bassa scolarità, cioè senza diploma di scuola superiore, sono stati i più colpiti dalla crisi con una perdita di posti vicina al 12 per cento. Quelli diplomati lo sono stati un po' meno (8,2%), mentre i lavoratori con una parziale istruzione universitaria sono stati relativamente poco colpiti (-4,1%). Infine i lavoratori con laurea (college degree) hanno visto addirittura un marginale aumento di occupazione (+0,2%).

La perdita di lavoro si è concentrata tra coloro che per età, esperienza e livello di scolarità, fanno parte della forza lavoro meno produttiva. L'aumento della produttività dell'economia americana nonostante la peggiore crisi dal dopoguerra si spiega quindi con la crescita della quota di lavoratori molto produttivi sul totale degli occupati. È molto probabile che il dato corrisponda a uno spostamento di attività nell'economia a favore delle imprese che impiegano personale qualificato in produzioni di maggiore contenuto di conoscenza. Si tratterebbe di una trasformazione strutturale che dovrebbe contribuire a riequilibrare la perdita di competitività che stava colpendo l'economia americana e che ne spiegava in parte anche l'eccesso d'indebitamento.

Le previsioni dell'economista Michael Mussa sulle componenti della domanda aggregata indicano che il maggior contributo alla crescita verrà dall'aumento degli investimenti privati interni (+30% entro il 2011) da parte di quelle imprese uscite meglio dalla crisi che stanno puntando su nuova tecnologia e nuovo software (+25% tra inizio 2010 e fine 2011). Mentre i consumi delle famiglie cresceranno relativamente di meno e la spesa pubblica rimarrà ferma in valori nominali.

La prospettiva di uno sviluppo trainato dagli investimenti e dalla tecnologia fa prevedere a Mussa una crescita dell'economia Usa dell'8% da oggi fino al termine del 2011. Una ripresa tanto vigorosa porterà al reimpiego dei lavoratori poco produttivi rimasti senza lavoro. Inevitabilmente il livello della produttività media degli occupati si abbasserà, ma il risultato sarà che i guadagni d'occupazione associati ai prossimi aumenti del tasso di crescita dell'economia americana saranno più che proporzionali e potrebbero portare quindi all'assorbimento di 5,5-6 milioni di senza lavoro.

Il tasso di disoccupazione Usa scenderebbe così verso l'8% entro la fine del 2011. Ancora lontano dal livello di piena occupazione e ancor più da quello, eccezionalmente elevato, precedente alla crisi (4,5%), ma un risultato sensazionale se paragonato alle condizioni disperate dell'economia all'inizio del mandato dell'Amministrazione. Un risultato che potrebbe appianare il percorso del presidente Obama verso la rielezione del 2012.

16 aprile 2010
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