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Attualmente, il governo prefigura un risanamento dei conti pubblici del 5,4% del Pil nell'arco di due mandati parlamentari, senza per lo più specificare come. Attualmente prevede che un terzo di questo risanamento possa venire da aumenti delle tasse, e due terzi da tagli alla spesa. Per rendere credibile il piano, l'esecutivo prospetta l'idea di un piano di consolidamento del bilancio che sarebbe, non si sa bene in quale maniera, legalmente vincolante. Un ministro del Tesoro che va in default verrà portato nella Torre di Londra? Ma il problema di questi piani non è soltanto che appaiono poco credibili, ma anche che il risanamento proposto probabilmente è troppo contenuto e il livello finale del debito netto del settore pubblico, intorno al 60% del Pil, troppo alto per sentirsi tranquilli, considerando che probabilmente ci saranno altri shock negativi.
Anche così, i tagli alla spesa sono più ingenti di quelli apportati in casi analoghi nel periodo del dopoguerra. Il ministro del Tesoro ha presentato cifre complessive, ma si è guardato bene dall'analizzare in dettaglio tutte le implicazioni, e tantomeno il tipo di scelte che il paese ha di fronte. Questo è il dibattito in cui Regno Unito deve impegnarsi. Si deve partire da una consapevolezza: il paese è più povero di quello che si credeva. Come distribuire queste perdite in modo tale da ridurre al minimo i danni sia per le categorie più vulnerabili che per le prospettive economiche di lungo termine del paese?
Sono questi i grandi interrogativi della politica britannica. I politici seri non possono evitarli.
(Traduzione di Fabio Galimberti)