Sono passati vent'anni, ma sembra un secolo. Nei primi anni 90 uno spaventoso groviglio di carenze e lentezze di programmazione aveva relegato l'Italia in un'imbarazzante posizione di coda in Europa nell'utilizzo dei fondi comunitari. A fine '95 il nostro paese doveva ancora spendere il 30% del pacchetto di fondi strutturali '89-93 ed era sul punto di perdere importanti risorse da destinare al Sud. Cominciò poi nel '97, con l'allora ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi, una drastica razionalizzazione che permise di utilizzare in modo sempre più efficace i finanziamenti europei. E va dato atto ai governi di diverso colore, che si sono poi alternati, di aver continuato nello sforzo. Al punto che la presidente della commissione Politiche Ue del Senato, la leghista Rossana Boldi, ha potuto affermare ieri che ora l'Italia risulta tra i migliori utilizzatori di fondi strutturali europei, facendo registrare mediamente risorse disimpegnate per lo 0,37%, meglio di Regno Unito, Francia, Germania e Belgio. Un risultato quantitativo di cui andare fieri. A patto che non si perda di vista anche la qualità degli interventi, preziosi per attutire l'impatto della crisi sull'economia reale.