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Scudo fiscale, scommessa vinta in attesa delle riforme

di Isabella Bufacchi

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16 Dicembre 2009
Scudo fiscale, scommessa vinta in attesa delle riforme

La "fuga dei capitali" ha invertito il senso di marcia. Segno che i tempi sono cambiati e che lo scudo fiscale, nella sua terza edizione che si è chiusa ieri, ha funzionato. I paradisi fiscali non sono più un approdo sicuro, incrinati da un segreto bancario sempre più vulnerabile. Un esercito di "scudati" si è messo in regola con il fisco, riportando capitali in Italia per decine di miliardi. La crisi economico-finanziaria ha rilanciato la lotta all'evasione su scala internazionale: gli interventi duri di Usa, Regno Unito, Francia, Italia e le misure Ocse dimostrano che questa volta si può fare sul serio.
L'inasprimento del fisco contro l'evasione fiscale sul terreno nazionale è stata una conseguenza naturale di questo fenomeno mondiale e non solo uno strumento per il giusto obiettivo di far pagare le tasse dove è dovuto. Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha tenuto alta la tensione. Il crollo dei mercati ha scosso altre certezze che hanno alimentato fin dal dopoguerra l'esportazione illegale dei capitali: la convenienza di far gestire, dietro pagamento di commissioni salate, il proprio patrimonio da intermediari più o meno preparati a centinaia o anche migliaia di chilometri di distanza. Con comunicazioni stringate, documentazioni cartacee rarefatte. Persino le motivazioni dei capitali in fuga dall'Italia per paura del comunismo (dagli anni di piombo alla caduta del muro di Berlino) o della bancarotta dello stato (la crisi della lira del '92) non reggono più: l'Italia è entrata nella nuova fortezza dell'Unione monetaria europea per non uscirne più.
Il successo dello scudo ter conferma che in molti si sono convinti che vale la pena mettersi in regola con il fisco (in definitiva, con il proprio paese), conservando l'anonimato inossidabile dello scudo, prima che la Guardia di finanza bussi alla propria porta. Di questi, molti hanno riportato i capitali in patria. Una buona opportunità per la finanza pubblica, con il gettito dello scudo già ipotecato per interventi sociali, ma anche per l'economia reale, se questa liquidità entrerà nel circolo virtuoso dei sani investimenti.
I capitali rimpatriati dagli imprenditori, anche sotto forma di investimenti finanziari, potranno essere trasformati alla prima occasione in liquidità o utilizzati come forma di garanzia per il rafforzamento patrimoniale di aziende sottocapitalizzate, per ripagare in parte o estinguere debiti bancari i cui costi sono saliti alle stelle. Allentando quella morsa del credito dovuta a un misto di vecchi criteri di Basilea2, sofferenze bancarie in aumento e ritocco all'insù del capitale nei bilanci delle banche a fronte degli impieghi ponderati per i rischi. I capitali rientrati in Italia nel private banking, nelle gestioni patrimoniali e nei fondi possono essere uno stimolo per un'economia che, solo un anno fa, era travolta dal fiume in piena del panico degli investitori. Lo scudo fiscale tre ha rimpolpato anche le casse dello Stato: non solo con un allargamento della base imponibile ma anche con un extra-gettito che entro venerdì sarà quantificato con esattezza, tra i 3 miliardi nella peggiore delle ipotesi a 5,7 miliardi nel migliore dei casi. Anche il Governo può impegnare questo incasso in investimenti virtuosi per sostenere lo sviluppo: come il recente piano Sarkozy che ha potenziato il sostegno alla ricerca. Ma in prospettiva il Governo può fare molto di più, anche al fine di stanare gli evasori, tenuto conto che allo scudo ter farà seguito una breve riapertura per poi chiudere definitivamente i battenti di questa sanatoria. C'è tutto un lavoro da fare per costruire un fisco strutturalmente più amico e orientato alla crescita. Ieri è stato avviato un utile confronto con le parti sociali per un avviso comune. È tempo di avviare una riforma vera, per il rinnovamento e la semplificazione del sistema e per liberare risorse per la crescita.

16 Dicembre 2009
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